72a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, 2-12 settembre 2015, Lido di Venezia
SPECIALE VENEZIA 72
L’arte del racconto
Una molteplicità di personaggi viene registrata, in maniera più o meno consapevole, nella loro quotidianità. In particolare tutto si concentra in un lasso di tempo di poco più di un decina di minuti, in modo da raccontare ogni personalità presentata a prescindere dai fatti che le accadono.
Skolimowski presenta in concorso a Venezia 72 un’opera brillante, che sa usare tutti gli elementi della diegesi cinematografica in maniera organica ed efficace. La frammentarietà narrativa trova in 11 minut un fulgido esempio di quali siano le modalità per renderla attiva e solida. La narrazione decide infatti di non soffermarsi sulle vicende dei singoli individui, quanto sulla creazione di caratteri che, tutti insieme, costituiscono un gruppo articolato di entità conviventi e che in fondo avrebbero comunque qualcosa da condividere. Ambientato in una città anonima (utilizzata in questo senso come Saramago ha fatto in Cecità e nel conseguente film), gli spazi vengono colorati e personalizzati dai diversi personaggi, che si muovono verso e contro gli altri quasi senza esserne consapevoli. I cinque sensi si affermano come parametro principale con cui misurare la realtà che li circonda e proprio attraverso di essi gli spettatori trovano sempre più punti di riferimento via via che il film avanza. La vista permette un approccio solo parziale, lasciando grande autonomia al dato sonoro soprattutto, che segue un percorso carsico, allentando la corda per tornare in primo piano con un movimento ondulatorio. Sia i rumori diegetici, enfatizzati fino all’estremo, sia la musica di accompagnamento apportano un’azione quasi disturbante nei confronti del pubblico, che proprio così realizza la propria presenza all’interno della narrazione. Correttezza formale e luminosità visiva sono perseguite lungo tutta la durata del film, senza però lasciar concentrare lo spettatore su questi aspetti, riuscendo così a cogliere l’empatia con il pubblico fino in fondo. La critica – o quanto meno la riflessione – che Skolimowski propone sui media, sulla registrazione della realtà e sulla replicazione di sé all’interno del panorama umano si tiene a debita distanza da giudizi morali, lasciando parlare le immagini nella loro complessità. Il racconto è in tutto e per tutto un’arte, spesso data per scontata e 11 minut arriva a ricordarcelo, con le sue potenti figure e il riconoscimento involontario ma inesorabile con le immagini sullo schermo. La società contemporanea e le sue distopie sono insomma tutte presenti nel film di Skolimowski, che mostra la superficie di un pozzo di idee senza fondo.
11 minut [Id., Polonia/Irlanda 2015] REGIA Jerzy Skolimowski.
CAST Agata Buzek, Andrzej Chira, Marta Dabrowska, Richard Dormer.
SCENEGGIATURA Jerzy Skolimowski. FOTOGRAFIA Mikolaj Lebkowski. MUSICHE Pawel Mykietyn.
Drammatico, durata 81 minuti.