SPECIALE CENT’ANNI DI INGRID BERGMAN
Non chiedere mai per chi suona la campana, essa suona per te
“Sarei stata un buon uomo, ma sono tutta donna. E tutta brutta”. In effetti la coraggiosa Pilar, con il volto indurito e i capelli scarmigliati, non ha niente dell’angelico allure della sua giovane protetta Maria. Quando la interpreta in Per chi suona la campana, Ingrid Bergman è già la diva acqua e sapone che David O. Selznick ha fortemente voluto per Hollywood, promettendole carta bianca su partner e copioni.
Un privilegio concesso a poche, come quello di conservare un look il più possibile simile a se stessa: chiaro omaggio ad un carisma che andava ben oltre la delicata perfezione. Nel film tratto dal romanzo di Hemingway le spetta la parte della protagonista, apparentemente fragile e spezzata dalla vita, eppure capace di guardare avanti, come nel celebre manifesto che la ritrae con Gary Cooper. Una ragazza spagnola sottratta alle barbarie dell’esercito franchista e nascosta tra le montagne insieme ai compagni partigiani. E, per quanto la sua bellezza nordica c’entri ben poco con i tratti ispanici, l’innocenza tragica di quel volto sembra esprimere da sola tutta l’atrocità di un’identità violata. Maria è l’agnello sacrificato all’altare della guerra: tutto quanto di bello e sincero è calpestato e distrutto dall’efferatezza umana. In un film che non insiste sui retroscena più cruenti del romanzo e limita allo spazio di due racconti la violenza reciproca delle fazioni, la Maria di Ingrid Bergman ne incarna il dramma. I suoi capelli tagliati corti diventano allora feticcio e memento, correlativo oggettivo di una libertà duramente riconquistata: ferita, umiliata, ma pronta a rinascere per crescere di nuovo. Libertà che evoca quella della Repubblica e che, sul piano individuale, Maria offre a Robert con un atto di scelta, un dono dettato dall’amore e non più costretto dalla forza. Nell’arco breve della loro storia si riflette la Storia di una Nazione o, come Robert spiega ai ribelli con il paternalismo da acculturato “Inglés”, la Storia stessa di un ideale contro le dittature che vogliono annientarlo. Ma in un film dove non manca l’impegno scenico, come l’esplosione spettacolare del ponte, Sam Wood si concentra soprattutto sugli uomini, sulla guerriglia di chi combatte ogni giorno, che poco ne sa dei massimi sistemi ma lotta per la libertà del proprio popolo e per quella dei propri cari. Perché di persone è fatta la guerra e su di loro si riversa con la sua ferocia, mentre le distanze tra lo sparuto gruppo, rinchiuso nella grotta o affondato nella neve, e un centro di comando lontano e invisibile danno la misura della sproporzione tra chi vive e muore in prima linea e chi decide dall’alto sulle vite altrui. Una lezione che Robert l’Inglés apprenderà sulla propria pelle, a dispetto del suo status di insegnante e di straniero civilizzato. “Non morire”, si impone alla fine,“pensa all’America. Non serve. Pensa a Madrid. Non serve. Pensa… a Maria. Ecco, sì.”
Per chi suona la campana [For Whom the Bell Tolls, USA 1943] REGIA Sam Wood.
CAST Ingrid Bergman, Gary Cooper, Katina Paxinou, Akim Tamiroff, Fortunio Bonanova.
SCENEGGIATURA Dudley Nichols (dal romanzo omonimo di Ernest Hemingway). FOTOGRAFIA Ray Rennahan. MUSICHE Victor Young.
Drammatico, durata 156 minuti.