SPECIALE CINEMA NEOREALISTA
Un capolavoro per guardarsi in faccia
Quelli del Neorealismo sono ladri di biciclette, animati da forti ossessioni, banditi per gli uni, eroi per gli altri, carnefici dal ghigno malevolo, convinti della loro atroce supremazia. Sono uomini stanchi e sfibrati. Affamati e delusi. Sono madri e mogli, guerriere per necessità prima e per vocazione poi.
Sono figli che giocano alla guerra, facendo come i grandi, comportandosi da grandi, conoscendo dinamiche, ideali, priorità dei grandi. Sono Nazioni anno zero, disperatamente adagiate sulle proprie macerie, depredate, violentate ed eviscerate come quei santi e quelle sante tormentate da supplizi tutti terreni. Fame, bombe, macerie e crudeltà sono il magma narrativo su cui poggia Roma città aperta di Roberto Rossellini (vincitore della Palma d’Oro a Cannes nel 1946), corifeo del Neorealismo, che ha dato inizio così alla trilogia della guerra antifascista insieme a Paisà (1946) e Germania anno zero (1948). La sensazione che si ha fin dai primi fotogrammi è quella del bisogno di narrare, di una sollecitazione tutta umana, e non solo intellettuale, a non dimenticare. Quell’urlo disumano e straziante di Pina, una terrigna e immensa Magnani, con la sua “virulenza plebea”, come dice Castellabeppe su un numero di Star del ’45, riecheggia nei cinema, nelle nostre orecchie, nei libri di scuola, imprimatur di un dramma ancora vivo – è passato poco tempo da quando i tedeschi hanno lasciato Roma e Rossellini sente già l’urgenza di raccontare queste storie traendo ispirazione da vicende reali. Magnani rappresenta non solo l’intera sensibilità romanesca, ma anche quel sentimento di dolorosa fatica delle vittime, e quello tutto italiano di chi ha patito i giorni delle bombe, della paura, dello sgomento. Così il “Va’ a morì ammazzato” di Pina è espressione della decontrazione di rabbia, delusione, sofferenza, umiliazione di un intero popolo, tanto quanto la maledizione dal sapore biblico di Don Pietro/Aldo Fabrizi: uomo che maledice i carnefici (resta impresso il terrore e lo sgomento dei tedeschi che come in uno spettacolo teatrale arretrano e sussultano alle parole di don Pietro); uomo che prova pietà cristiana e rispettosa comprensione per l’ingegnere, difensore dei propri ideali e del proprio credo, affetto paterno per Pina e per i bambini che segue amorevolmente. Rossellini mostra il sacrificio degli umili in nome di qualcosa di più grande, partecipa alle giornate di quei disperati in uno spazio frantumato e turbato. Con Roma città aperta si apre una delle pagine più felici del nostro cinema e ci viene ricordato il dolore e la desolazione della guerra. Godard ha detto: “Con Roma città aperta, l’Italia ha appena riconquistato il diritto per una nazione a guardarsi in faccia”. Continuiamo a guardarci in faccia.
Roma città aperta [Italia 1945] REGIA Roberto Rossellini.
CAST Anna Magnani, Aldo Fabrizi, Marcello Pagliero, Carla Rovere, Francesco Grandjacquet.
SCENEGGIATURA Sergio Amidei, Federico Fellini, Roberto Rossellini, Carlo Celeste Negarville. FOTOGRAFIA Ubaldo Arata. MUSICHE Renzo Rossellini.
Drammatico, durata 98 minuti.