Cercando la Cina vera
Nel 2014 i cinesi residenti in Italia erano circa trecentoventimila: il numero stupisce, tirando a indovinare chi vive nelle grandi città direbbe che sono molti di più. L’errore di questa stima, nel guardare Italiani Made in China, trova una spiegazione.
I cinesi si raggruppano in nuclei, comunità, quartieri, tendono ad assimilarsi e a creare ovunque un piccola grande famiglia che si rende ben visibile ovunque si collochi. È proprio la famiglia, l’appartenenza ad un gruppo, il valore che emerge con forza da questa serie prodotta in Italia in 8 puntate da 50 minuti circa, il cui finale è previsto per mercoledì prossimo. Sei ragazzi di origini cinesi, provenienti da diverse città italiane e con storie alle spalle spesso diversissime, partono per la Cina alla riscoperta della loro identità più intima e più radicata. La vita italiana, la cultura, la lingua, lo stile di vita del belpaese hanno stravolto la loro concezione del mondo, ma cosa hanno perduto? Cosa hanno dimenticato? Hanno lasciato dietro di sé qualcosa che renderebbe il loro quotidiano “occidentalizzato” più consapevole e più ricco? L’idea è, se non tra le migliori viste recentemente in tv, di certo una delle più interessanti. Per pubblicizzare la serie Toto Cutugno ha realizzato una versione de L’italiano cantandola in cinese e cogliendo uno degli aspetti più controversi e stridenti dell’Italia contemporanea: l’identità bifronte delle seconde generazioni. I sei ragazzi protagonisti sono Alex, Alessandro, Conni, Francesca, Lucia, Massimiliano, hanno tra i 19 ed i 24 anni, quindi un’età decisiva per la formazione dell’individuo e la scelta dei valori su cui basare il proprio essere adulti. La scoperta della Cina parte da Shanghai, forse l’ingresso privilegiato, il “più facile” per un occidentale. I grattacieli, i divertimenti, la compresenza di consumi diversificati, tradizioni messe in scena, turismo gastronomico, sono ciò che cerca un turista non raffinato e poco interessato. Ma i protagonisti cercano “la Cina vera” e iniziano allora a sparpagliarsi verso le città di origine, per ritrovare luoghi d’infanzia o parenti. Il personaggio più controverso è di certo Francesca, adottata da piccola e quindi del tutto all’oscuro delle sue origini e della cultura cinese. È la più spaesata, non avendo un filo da riannodare, cerca senza sapere cosa cercare. È di certo la più italiana del gruppo, ed è infatti a lei, il cui viaggio è stato il più difficile, che sarà dedicata l’ultima puntata. La serie si rivela da subito come troppo “costruita”, il lavoro di produzione è troppo visibile e invadente e forza certi aspetti, svilendone altri. Si sente spesso la mancanza di autenticità nella narrazione, cercando l’emozione più che la sostanza. Ma accettando le incoerenze e sopportando l’eccessivo uso stereotipato di proverbi e riprese d’ambiente tutte simili, Italiani Made in China resta un faro acceso su una dinamica sociale finora troppo poco esplorata, se non superficialmente, dal mondo cinematografico e televisivo.
Italiani Made in China [Italia 2015] PRODOTTO DA Zodiak Active.
RETE Real Time.
Reality Show, durata 50 minuti (puntata), stagione 1.