Meglio la TV
È un fatto tanto evidente quanto ovvio: le serie tv stanno attuando quel processo di nobilitazione che La grande accusata (per citare bel saggio di Enrico Menduni) fino a non molto tempo fa faticava a ottenere. Oggi nemmeno il più trombone degli studiosi si sognerebbe di negare l’importanza di prodotti come (citando alla rinfusa) Twin Peaks, I Sopranos, 24, Breaking Bad, Homeland, House of Cards e via di seguito. E in Italia? Come procede la situazione? Come uscire da un panorama stagnante fatto di miniserie agiografiche e fiction su preti e distretti di polizia?
Da tale traccia è derivato l’incontro con Aldo Grasso e Leonardo Fasoli − sceneggiatore di Gomorra – La serie − tenutosi il 13 luglio al Premio Amidei di Gorizia. Proprio Gomorra emerge, secondo i relatori, quale esempio calzante per comprendere i mutamenti all’interno dello scenario italiano. In primis si è parlato di una svolta sul piano qualitativo che prenda ad esempio il contesto americano; in secondo luogo la ricerca di prodotti nazionali che rispondano a criteri di esportabilità; in terza battuta, come già discusso, l’idea di uno scardinamento di un rapporto gerarchico tra letteratura, cinema e televisione.
È proprio il fattore intermediale a fungere da chiave di volta per comprendere il fenomeno. Sia Gomorra sia un altro prodotto parimenti importante come Romanzo criminale rivoltano quella stessa gerarchia che ci faceva dire “è meglio il libro”. Secondo Grasso, infatti, entrambi gli esempi provengono da una matrice letteraria mediocre (seppur talvolta di larghissimo successo), da cui sono stati tratti film di medio o medio-alto livello. Saranno, in seguito, le versioni sul piccolo schermo a raggiungere − sempre secondo il critico − le vette più alte.
Anche il fattore autorialismo riflette un mutamento essenziale rispetto all’oggetto del discorso. L’opinione dei relatori è che si sta via via scardinando l’antiquata idea che il metteur en scène sia l’unico responsabile della buona realizzazione dell’opera. Al contrario, è la scrittura lunga della serialità a mettere in primo piano il ruolo degli sceneggiatori o (mestiere ancora troppo poco preso in considerazione in Italia) degli showrunner. Sarà dunque, ad esempio, il regista di Gomorra a chiedere consiglio a Fasoli riguardo alla scelta di una particolare ambientazione.
Ciò detto, va ricordato, aggiungiamo noi, che nemmeno la serialità è aliena da nomi tutelari che fungono da marchio: pensiamo a Joss Whedon, J.J. Abrams, Nic Pizzolatto, Lena Dunham. E, nella costante (sebbene talvolta arbitraria) relazione con il cinema, la serialità sovente adotta celebri figure di directors nelle proprie strategie di nobilitazione: si pensi a David Lynch, Martin Scorsese, Todd Haynes o Steven Soderbergh. Insomma, l’autorialismo, spesso, rientra dalla finestra.
In ogni caso, nonostante vi sia una tendenza ad agire su un unico genere, Grasso e Fasoli ci confermano le buone condizioni della serialità televisiva italiana. Certo, dell’incontro avremmo apprezzato qualche spoiler in meno…