La macchina ammazzacattivi
Non è facile destreggiarsi fra i salti temporali e i paradossi della trentennale saga di Terminator. Non per merito degli sceneggiatori e di una solida idea di fondo però, purtroppo: dopo i due capostipiti targati James Cameron (1984 e 1991), il franchise si è impantanato in una confusa e fragilissima ridda di sequel “spuri”, midquel, reboot e spin-off.
A dare inizio alle danze, Le macchine ribelli di Jonathan Mostow, capitolo sbeffeggiato dai fan che – col senno di poi – ha perlomeno il merito di conoscere i propri limiti, di non pretendere di sostituirsi all’originale. L’affare si complica con il micidiale uno-due messo a segno dalla serie tv The Sarah Connor Chronicles e dal successivo Terminator Salvation: seguito alternativo il primo e “nuovo inizio” il secondo, entrambi privi del repubblicano Schwarzenegger, impegnato a salvare il mondo come Governatore della California. Il caos a questo punto regna: Salvation è l’inizio di una fiammante trilogia, anche se resta l’incognita di come reinserire nel tessuto della vicenda il caro Arnold, che ha già preso accordi per tornare in pista. Così, mentre il regista McG si pavoneggia fornendo anticipazioni sul prosieguo della storia, il suo contratto viene “terminato” bruscamente. Da capo, quindi: forse il progetto passa nelle mani di Joss Whedon, e invece no; forse ritorna Cameron, che potrà (finalmente!) reimpossessarsi dei diritti ma dal 2019. Nel frattempo? Nel frattempo urge confondere un po’ le acque, con la nascita di questo Genisys. Oramai vale tutto e il contrario di tutto: si imbastisce dunque un’epopea a se stante, reboot che non ignora gli eventi precedenti. Chi ci ha capito qualcosa, alzi la mano. Alleggerendo il portato filosofico e cyberpunk del cult di riferimento, il quinto episodio continua a parlarci di John e Sarah Connor, di cyborg cattivi che vogliono annientare la Resistenza e della famigerata intelligenza artificiale Skynet (con ampio riferimento ai social e all’iCloud). Si altera la linearità del tempo, si viola la continuity mandata a memoria e, per dirla con il Nanni Cobretti dei 400 calci, si sparano “quattro o cinque trame in contemporanea e un miscuglio di timeline parallele al cui confronto lo script di Ritorno al futuro 2 è una poesia ermetica”. Nel dubbio, riprendiamo ossigeno e speranza ogni qualvolta appare il beneamato Schwarzy, che generosamente accetta di farsi macchietta semi-comica e semi-umana (alla faccia della regola che vuole le macchine senza cuore e senz’anima). “Sono vecchio, non obsoleto”, ripete a guisa di simpatica gag quando viene deriso. E ha ragione: l’insuperabile Terminator dell’84 – rispedito in sala proprio in questi giorni, come apripista – non è un pezzo di antiquariato, ma un modello. Che nessuno è stato finora capace di seguire e gestire.
Terminator Genisys [Id., USA 2015] REGIA Alan Taylor.
CAST Arnold Schwarzenegger, Emilia Clarke, J.K. Simmons, Lee Byung-hun.
SCENEGGIATURA Laeta Kalogridis, Patrick Lussier. FOTOGRAFIA Kramer Morgenthau. MUSICHE Lorne Balfe.
Azione/Fantascienza, durata 126 minuti.