SPECIALE 34° PREMIO SERGIO AMIDEI
La resistenza di un popolo
Le strade di Erto sono vuote, buie, spoglie. Molte volte nel cinema un luogo vuoto presume una sorpresa, una forma di vita che spunti qui o lì, le gialle luci dei lampioni di Erto invece sono immote come le pietre delle case, non verranno interrotte così come il silenzio.
Ci sono poche cose drammatiche e dolorose quanto un paese abbandonato, ma Erto è di più, è un paese che non si è arreso: la tremenda onda del Vajont fu una condanna a morte, ma le fondamenta delle case, delle chiese erano radicate in quel luogo, conficcate come i chiodi nelle mani del Cristo. Gli abitanti di Erto hanno sfidato e superato la legge, la predestinazione, hanno tenuto stretta la loro vita fatta di terra e miseria e sono scesi dalla croce con le proprie gambe, hanno ripreso il cammino con il pesante legno sul dorso, verso un Calvario più lontano e alto, quello del ricordo e della memoria evanescente. Non hanno smesso di mettere in scena annualmente la Passione di Cristo divenuta ormai un simbolo potente di unità e di reazione dopo la tragedia, quasi trasferendo nella passione cristiana le proprie sofferenze in cerca di liberazione. Una rappresentazione che ha e ha avuto caratteri più popolari che religiosi. Una parte del documentario è affidata infatti a immagini d’archivio e alla lettura di scambi epistolari tra autorità religiose e civili, che mettono in luce il passato della rappresentazione, più volte interrotta, criticata, ritenuta non conforme e poi riabilitata. Si confrontino gli abiti, in passato vistosi, improvvisati, con quelli della attuale rappresentazione, così studiati da permettere una riproduzione in quadro vivente della leonardesca Ultima cena. O si guardi agli elementi che la tradizione ha aggiunto, come il perenne battere di tamburi che accompagna gli attori lungo la Via Crucis. “È il tormento di Cristo” spiegano gli ertani, quello stesso tormento rabbioso che accompagna le interviste d’epoca alle donne e agli uomini che volevano restare in paese e vivere «nelle fatiche dei padri». Bortoluzzi organizza i materiali alternando la ricostruzione storica alle prove degli attori. Tra i ragazzi che vi assistono qualcuno recita il labiale delle battute con un’intensità che prefigura i futuri interpreti. Una delle preghiere che si ascoltano nel documentario recita “Chi casca in acqua non potrà annegare”. Lentamente le memorie dirette del disastro si affievoliranno, verranno ricoperte dal banco di nuvole inquadrato più volte, il Calvario sarà raggiunto ma per pattinarci su, come fa una ragazza nell’ultima scena, e una finestra di legno resterà chiusa su quella croce portata nella casa assieme ai tamburi. Ma gli ertani non saranno annegati.
La passione di Erto [id., Francia/Italia 2013] REGIA Penelope Bortoluzzi.
SOGGETTO Penelope Bortoluzzi. FOTOGRAFIA Penelope Bortoluzzi, Stefano Savona. SUONO Jean Mallet, Xavier Thibault.
Documentario, durata 78 minuti.