SPECIALE YASUJIRŌ OZU
La stagione dei rimatrimoni
Tardo autunno è in pratica niente di meno che il remake di Tarda primavera. Se nel film del 1949 era infatti un padre rimasto vedovo a fingere di volersi risposare per far sì che la figlia decidesse finalmente anch’essa di unirsi in matrimonio, nell’opera del 1960 è una madre a escogitare lo stesso “inganno”.
Inganno, appunto, si fa per dire, perché nel cinema di Ozu tutto viene senza eccezione calmierato ed equilibrato, come se anche i sentimenti più forti e potenti fossero trattenuti da quella sua tipica messa in scena esteticamente sempre così geometrica e limpida. Ma inganno, con le dovute proporzioni, anche perché ogni movimento interiore dei personaggi di Ozu – ogni loro espressione emotiva – è quasi sempre volto a una sorta di “bene comune” e di sostentamento di quella che è una effettiva coscienza morale universale, come se davvero più importante di ogni cosa fosse sempre e comunque il rispetto reciproco tra gli esseri umani. C’è inoltre, in questo Tardo autunno, la dimostrazione quasi definitiva (visto che si tratta del terzultimo film di Ozu) di quell’ossessione prettamente Ozuiana a riflettere continuamente sulle medesime tematiche, tramite quello che era un vero e proprio piacere nel girare spesso e volentieri le stesse scene, nel raccontare le stesse storie o situazioni di vita simili, dando prova di quanto ritenesse estremamente importante dover tenere conto delle sfumature e delle varie gradazioni che ogni volta l’esistenza può assumere. Altro aspetto assai fondamentale è la conferma che tutto ciò che di rilevante avviene nella vita di una persona, sia sempre deciso all’interno di un’abitazione, di un ristorante, di un bar o di un ufficio. Un luogo chiuso, insomma, nel quale molto probabilmente è maggiore il senso di intimità e familiarità. Negli ultimi film del regista giapponese (e Tardo autunno non fa eccezione) è come se ciò si amplificasse, come se il maggior rigore e la maggiore fermezza delle inquadrature comunicassero allo spettatore che l’interno è l’unico spazio dove le cose appaiono per quello che realmente sono e per quello che realmente significano. Ma Tardo autunno, in definitiva, più di ogni altra cosa, è per Ozu (e per noi spettatori) la certezza che la caratterizzazione credibile di ogni personaggio sia la via maestra per poter comunicare l’essenza nascosta delle nostre vite. Ed è vero: come scriveva Donald Richie nel suo Ozu, his life and films, ogni volta “assistiamo al dipanarsi [dell’esistenza del personaggio] con la gioia che sempre suscita l’assoluta verosimiglianza, e con la profonda coscienza della bellezza e della fragilità dell’essere umano”.
Tardo autunno [Akibiyori, Giappone 1960] REGIA Yasujirō Ozu.
CAST Setsuko Hara, Yoko Tsukasa, Mariko Okada, Shin Saburi, Keiji Sada, Ryuji Kita.
SCENEGGIATURA Yasujirō Ozu, Kōgo Noda. FOTOGRAFIA Yūharu Atsuta. MUSICHE Kojun Saito.
Commedia/Drammatico, durata 128 minuti.