SPECIALE YASUJIRŌ OZU
“La felicità è qualcosa che si deve costruire insieme”
Una pagina di vita quotidiana, il racconto di un padre e una figlia, il soffocato dolore e la necessità del distacco, il matrimonio e la costruzione della felicità. Questo è il tema di Tarda primavera (1949) il terzo film del dopoguerra del maestro del cinema giapponese Yasujirō Ozu.
L’opera, assieme a Il tempo del raccolto del grano e a Viaggio a Tokyo, indaga la vita di una protagonista femminile di nome Noriko, seguendola nel quotidiano, percependone le debolezze, senza diventare mai pietoso. Ozu è l’aedo del suo paese, un innamorato indefesso che entra nelle stanze dei suoi personaggi, le analizza, le racconta e le studia con l’amore di un padre per i figli. Asciutto, essenziale, il cineasta rivela le sue storie utilizzando una statica macchina da presa, con il punto focale basso e allo spettatore sembra quasi di essere di fronte ad una rappresentazione teatrale. Se l’ambiente è elemento fondamentale nel cinema di Ozu, lo è altrettanto l’uomo, che viene colto nel vivere di ogni giorno (Noriko raccoglie i panni, prepara il tè, Shukuchi lavora), e l’occhio del cineasta si ferma suoi volti del professore e della figlia cogliendoli nell’immediatezza dei gesti, delle espressioni e delle parole. Ozu non svela in maniera totale i pensieri di Shukuchi e neppure della dolce Noriko, nonostante siano fulcro dell’opera, sembra chiedere a noi di capirne le sfumature, intuire il nascosto, trovare spessore dentro a occhi tristi e sorrisi. Tarda primavera narra una storia semplice, per certi versi addirittura banale, ma non lo è: Shukuchi e Noriko, padre e figlia, vivono insieme quasi come due sposi; vedovo lui e nubile lei sopravvivono alle giornate appoggiandosi l’uno all’altra, il padre ha la necessità delle delicatezze della figlia e quest’ultima si sente in pace con se stessa e protetta solo quando si prende cura del genitore. Il “venditore di tofu” – come l’ironico Ozu amava definirsi – dipinge quadri che raggiungono il cuore del problema, toglie il di più, asciuga l’eccesso, arriva al senso, e ne fuoriesce la schietta verità. Il rapsodo della famiglia si fa strada tra le pieghe del rapporto unico ed esclusivo di Shukuchi e Noriko, esprimendo al meglio l’amore e l’abnegazione dell’uno nei confronti dell’altra, il bisogno dell’uno e la dolorosa urgenza dell’altra e viceversa. “La felicità è qualcosa che si deve costruire insieme”, così il padre esprime il suo pensiero alla figlia, descrivendo il matrimonio come una costruzione giorno per giorno dei coniugi; e queste parole sono tenero e struggente lascito del film. Per molti registi punto di riferimento, per i connazionali mito indiscusso, per altri invece un nome che purtroppo dice poco, per colmare la lacuna la Tucker film rende onore a Yasujirō Ozu, distribuendo cinque sue pellicole nelle sale di undici città italiane. Tra queste c’è Tarda primavera, opera intensa, delicata che deve essere vista.
Tarda primavera [Banshun, Giappone 1949] REGIA Yasujirō Ozu.
CAST Chishû Ryû, Setsuko Hara, Yumeji Tsukioka, Haruko Sujimura.
SCENEGGIATURA Kōgo Noda, Yasujirō Ozu (tratta dal romanzo Padre e figlia di Kazuo Hirotsu). FOTOGRAFIA Yuuharu Atsuta. MUSICHE Senji Itô.
Drammatico, durata 108 minuti.