La superiorità e lo smacco
Prima della proiezione di Ixcanul tra pochi trailer e tanta pubblicità sullo schermo passa lo spot turistico di una regione italiana. Il montaggio è frenetico, abbondano immagini naturalistiche. In un passaggio molto breve un uomo accompagna due maiali, molto grandi, di un rosa carico: i pochi istanti danno l’impressione che non siano veri animali ma esseri in CGI.
Subito dopo inizia Vulcano, in una delle prime sequenze Maria e la madre fanno bere del rum ad una coppia (reale!) di maiali affinché si accoppino in fretta e con successo. Il montaggio involontario della sala cinematografica assume una significanza pervasiva che dà la chiave per estrarre l’opera di Bustamante dal suo scrigno di bellezza, sincerità e stupore e interpretarne il successo di critica a Berlino e altrove. Il mondo che filtra nell’opera è quello di una ragazza, Maria, figlia di poveri campesinos, coltivatori di caffè e mais. Ha le dimensioni di un villaggio, va dalla casa di cui non sono proprietari al campo inaccessibile infestato dai serpenti al centro di raccolta del caffè, fino all’alto vulcano, limite estremo, fisico e concettuale, oltre cui vi è solo “acqua fredda”. L’altrove è lontanissimo, irraggiungibile coi piedi, raggiungibile coi sogni: è la città con l’elettricità, sono gli Stati Uniti visti come un Eldorado. Tutto per Maria è limitato: gli affetti, le esperienze, il suo dialetto, i suoi stessi pensieri. Ma dondolarsi sul limite è per lei attraente, seducente, quasi come stare sul ciglio del grande misterioso vulcano, conoscerne il pericolo ma essere “assetati” del suo contenuto. La famiglia le organizza un matrimonio, lei organizza la fuga, si unisce con un ragazzo che sta per andare via sperando di potersi legare a lui, ma il ragazzo parte e a lei resta con un figlio, che il promesso sposo per vendetta vende all’ospedale cittadino. La storia è silenziosamente straziante, fra diritti calpestati, prevaricazioni, ingiustizie, riti illogici e rischi irrazionali. Tutto ciò piace al nostro mondo, ci affascina tremendamente, permette allo spettatore occidentalizzato di indignarsi e innamorarsi contemporaneamente. Con le nostre manie di esotismo e spiritualismo, con la nostra mancanza di purezza, con i residui del mito del bon sauvage, moriremmo dalla voglia di poter per un istante accarezzare un piccolo maiale come fa Maria, stando sul picco di una montagna del Sud America, completamente offline. Ma com’è tranquillizzante la corsia d’ospedale in cui curano Maria, è il nostro mondo, ci appare necessario, salvifico per quelle genti pittoresche. Ma ecco dove Bustamante compie il suo gesto di grandezza: la famiglia di Maria viene raggirata per ignoranza, il loro bambino è venduto. Appena toccato il nostro mondo si mostra per quello che è, corruzione, negazione dell’umano. L’Eldorado è un ingannevole Inferno, in cui la bellezza va creata in CGI.
Vulcano – Ixcanul [Ixcanul, Guatemala/Francia 2015] REGIA Jayro Bustamante.
CAST María Mercedes Coroy, María Telón, Manuel Antún, Justo Lorenzo, Marvin Coroy.
SCENEGGIATURA Jayro Bustamante. FOTOGRAFIA Luis Armando Arteaga. MUSICHE Pascual Reyes.
Drammatico, durata 93 minuti.