Il mondo a cartoni
Ciò che ci racconta Alê Abreu è un bellissimo viaggio fatto di colori e musica che si scontrano con il grigiore e la meccanizzazione. Il nostro protagonista, senza nome, vive la sua vita di bambino in una campagna colorata, in cui le note suonate dal flauto paterno diventano bolle colorate, non rimangono effimeri suoni che si disperdono nell’aria. Un giorno però tutto questo si scontra con la dura realtà: il padre parte, viene inghiottito da un treno che sembra un enorme verme e portato lontano dalla famiglia.
Le linee scarne scelte da Abreu aiutano lo spettatore a porre attenzione ai colori che il film racconta, che insieme alla musica rendono superflue le parole, facendo di O Menino e o Mundo un film d’animazione quasi totalmente muto. Durante il viaggio una tempesta travolge il nostro bimbo che si sveglia in una baracca abitata da un uomo non in perfetta salute e da un piccolo cagnolino dalla voce forte. Il protagonista si aggrega all’uomo sconosciuto, sale sul carretto e arriva in una piantagione di cotone, dove in fila aspetta di accogliere ciò che altri uomini e donne raccolgono dagli alberi. Le attese e i movimenti ripetuti vengono ripresi da vicino e poi da sempre più lontano trasformando i lavoratori in un piccolo Pac Man, dove il capo della piantagione “mangia” i più deboli, compreso il nostro uomo che osa tossire e viene rimandato a casa. Dalla piantagione il nostro piccolo uomo arriva alla fabbrica. Qui, dove si lavora la materia prima, gli uomini ripetono tutto il giorno lo stesso movimento, spersonalizzati e inghiottiti in un meccanismo che ricorda Metropolis di Lang, dove i colori sono banditi come i sorrisi. Anche in questa fabbrica il bimbo alla ricerca del padre trova aiuto, incontra chi lo porta nella sua casa, in città. Una città dove le note musicali piene di colore sono sostituite da quelle monocromatiche di un cupo nero, prodotte dalla marcia militare. Il traffico inghiotte i lavoratori e il giovane operaio arriva stremato alla sua casa, che assomiglia più a un garage, in un agglomerato che fa chiaro riferimento alle favelas brasiliane. Gli unici colori che si vedono in città sono quelli di un gruppo di musicisti che sfila per le strade futuriste, un corteo che si scontra con la realtà creando un duello in cielo tra un fantastico enorme uccello creato dalle note musicali piene di colori che viene abbattuto da quello nero, creato dai carri armati dell’esercito. Tristemente, la parte nera, cupa, globalizzata e militarizzata spazza via il pacifico corteo, demolito come spesso abbiamo visto anche nel nostro mondo. L’annientamento delle persone raccontato con un surreale film d’animazione, parlando di uomini non più utili per lavorare, sostituiti da macchine enormi ed efficienti, ma sempre utili per acquistare e sottostare alle regole. Si chiama progresso, si chiama globalizzazione.
O Menino e o Mundo [id., Brasile 2013] REGIA Alê Abreu.
CAST (VOCI ORIGINALI) Vinicius Garcia, Felipe Zilse, Alê Abreu, Lu Horta, Marco Aurélio Campos, Cassius Romero.
SCENEGGIATURA Alê Abreu. MUSICA Ruben Feffer, Gustavo Kurlat.
Animazione, durata 80 minuti.