SPECIALE CORTOMETRAGGI ITALIANI
Canile, o le 120 giornate del Belpaese
Il cortometraggio Canile, esordio alla regia di Massimiliano D’Agostino e Gaspare Russo, si chiude con incisa sullo sfondo nero un celebre riflessione di Pier Paolo Pasolini: quella in cui l’intellettuale friulano sosteneva che “Nulla è più anarchico del potere” e che “il potere fa ciò che vuole, e ciò che il potere vuole è completamente arbitrario”.
Citazione che non solo spiega il senso più profondo del cortometraggio, ma che soprattutto sottolinea una certa influenza, tematica e stilistica, che il cinema pasoliniano, in particolare Porcile e Salò, ha avuto sulla coppia di registi. Non è infatti un esercizio troppo campato in aria immaginare il canile in cui vengono rinchiusi come bestie gli esodati e i disoccupati rappresentato dal film come uno dei sadici giochi organizzati dagli aguzzini di Salò, e associare le condizioni di questi poveracci a quelle dei giovani partigiani che in quel film erano le vittime. Allo stesso modo, è simile alla poetica pasoliniana l’utilizzo della – chiamiamola un po’ grossolanamente così – “sgradevolezza” visiva, e il riuscire a farne il punto centrale della rappresentazione e lo strumento che veicola il senso più intimo dell’opera. Definire Canile come una semplice ripresa di temi e stili pasoliniani (e così, in un certo senso, limitarlo) è però riduttivo: il corto è infatti una grottesca, attraversata da una costante vena di sadica ironia, e tragicomica metafora dell’Italia contemporanea, in cui cinismo, rassegnazione, disperazione e anche un certo senso di sconfortata e disillusa comicità (in certe scene, così come spesso leggendo i giornali, viene in mente il famoso aforisma di Flaiano “la situazione è tragica, ma non è seria”) sono gli elementi dominanti. Il film non ha paura di essere sgradevole e di utilizzare fino in fondo le armi del grottesco, e la coppia di registi si dimostra abile nel gestire il delicato equilibrio tra lancinante comicità di facciata e tragedia di fondo, senza farsi travolgere dalla prima. Merito anche di certe scelte stilistiche, come il contrasto tra la nitidezza della “solare” fotografia e la cinepresa traballante e insicura, volutamente quasi amatoriale, scelta che ribadisce il paradossale contesto. L’unica pecca dell’opera è che, a tratti, il suo voler essere metafora della condizione del Paese è troppo palesemente sottolineato, dando così una sensazione di eccessiva programmaticità; ne è un esempio il momento in cui uno dei personaggi esprime a parole il concetto che è alla base del film, già evidente senza bisogno di ribadirlo a chiare lettere. Ma Canile è cortometraggio potente, urgente e, nonostante tutto, non privo nel finale (ancora una volta, come in Salò) di un flebile quanto realista accenno di speranza.
Canile [Italia 2015] REGIA Massimiliano D’Agostino, Gaspare Russo.
CAST Giovanni Barone, Matteo Belli, Edmir Binoshaj, Paolo Fabrizio Bracco.
SCENEGGIATURA Massimiliano D’Agostino, Gaspare Russo, Ilir Jacellari. FOTOGRAFIA Thomas Toti. MUSICHE Le Terre Lontane.
Grottesco, durata 15 minuti.