Rigore ad effetto
Presentato alla Semaine de la Critique al 67° Festival di Cannes, The Tribe del regista ucraino Myroslav Slaboshpytskiy è un film che si è fatto notare soprattutto per la scelta linguistica adottata: raccontare una storia utilizzando soltanto la lingua dei segni, rinunciando inoltre a qualsiasi sottotitolo chiarificatore.
L’opera narra la vicenda di Sergey, un ragazzo sordomuto che va in un collegio per persone affette dal medesimo handicap. Qui entrerà in una gang giovanile che comanda nei dormitori, commette diversi furti e fa prostituire di notte due ragazze. La situazione precipiterà quando il protagonista s’innamorerà di una di loro. Alla scelta di rifiutare sia l’uso sonoro della parola che i sottotitoli, l’autore abbina la totale assenza di musica, un audio utilizzato solo per i rumori ambientali e una regia (apparentemente) sobria e rigorosa, che non ammette primi piani e che muove la telecamera solamente per inseguire i protagonisti, ai quali è spesso incollata. In questo modo, lo spettatore viene lasciato solo di fronte a delle immagini che rappresentano una realtà cruda e violenta, dagli ambienti squallidi e spogli, in cui i ragazzi possono commettere qualsiasi atrocità senza subire alcuna conseguenza, completamente abbandonati dalle istituzioni che gli hanno presi a carico. Se da un lato l’operazione funziona, in quanto la scarsa decifrabilità dei dialoghi viene quasi dimenticata e allo stesso tempo la particolare modalità audio si fa quasi insopportabile, dall’altro le sequenze più sgradevoli (come quella dell’aborto clandestino) risultano troppo lunghe ed esplicite, facendo emergere così l’aspetto più gratuito e compiaciuto del film. Infatti, la crudezza di tali scene non risulta necessaria alla narrazione e non aggiunge nulla ai contenuti, ma sembra inserita soltanto per impressionare e infastidire il pubblico. Così, anche tutta l’opera perde di credibilità, a partire dal modo con cui porta avanti l’idea iniziale. Se questa è originale e interessante, le scelte formali che la sorreggono (come l’assenza di musica e la regia attaccata ai personaggi) sanno di già visto, in quanto ricordano il cinema dei Dardenne e di Mungiu, i quali però le hanno utilizzate per ben altre ragioni e con ben altra profondità. È come se Slaboshpytskiy sopperisse al sonoro ridotto non con delle soluzioni formali creative, ma semplicemente con delle sequenze crude e ad effetto e con un’autorialità ormai scontata, scegliendo così la strada più facile e compiaciuta. A emergere è, infine un film in parte funzionante, ma sostanzialmente falso: falsamente originale, falsamente rigoroso, falsamente autorale e gratuitamente provocatorio.
The Tribe [Plemya, Ucraina/Paesi Bassi 2014] REGIA Myroslav Slaboshpytsky.
CAST Grigoriy Fesenko, Yana Novikova, Rosa Bably, Alexander Dsiadevich.
SCENEGGIATURA Myroslav Slaboshpytsky. FOTOGRAFIA Valentyn Vasyanovych.
Drammatico, durata 130 minuti.