SPECIALE FESTA DELLA REPUBBLICA – IL DOPOGUERRA E IL BOOM ECONOMICO
Un posto è per sempre
I genitori se ne stanno in cucina a bisbigliare, nella stanza si trova il letto con Domenico ancora tra le coperte a far finta di dormire. Il padre e la madre parlano sommessamente quasi a proteggerlo nel suo ultimo periodo da non lavoratore, il giorno che viene sarà quello del test d’assunzione per un’azienda. Uscirà di casa poco dopo con il fratellino studente infatti, quando il sole è già alto, ma a breve dovrà uscire assieme al padre, quando l’alba ha ancora da mostrarsi per andare in città, a Milano, dove c’è lavoro.
La gente bisbiglia anche sul posto, nella sala in cui si trovano i candidati per il test, tra scambi di sguardi inebetiti di chi è appena uscito dall’aura protettiva della scuola-famiglia. Bisbigliano anche negli uffici per sottomessi rispetto all’ambiente di lavoro, al ragioniere, all’ingegnere e al… aggiungete un’altra qualifica della catena aziendalista. Parlano sommessamente anche alla festa di fine anno, al party “famigliaziendale”, perché in fondo sono “tutti colleghi e amici, no?”, è bene fidarsi di chiunque, tranne delle persone con due narici, puntualizza il facchino Sartori. Siamo nel 1961 ed Ermanno Olmi con Il posto racconta la storia di Domenico, uno dei tanti che dalla provincia lombarda si dirigeva a Milano, ogni mattina, per andare a lavorare. Magari la paga è bassa, ma è un posto sicuro, per sempre. Il mito del posto fisso e le schiere d’impiegati del terziario, il clamoroso boom economico italiano. Un esercito di dipendenti occupanti ognuno la propria scrivania: non tanto un’opportunità, ma una possibilità, il lavoro privo di ruoli desiderati, ma la sicurezza di un salario. Una ricchezza che si costruisce sulla fame del dopoguerra ma anche sulla consapevolezza di un’abbondanza, nel cantiere aperto di un Paese che guarda alla modernità, con la richiesta dell’omologazione aziendale del proprio ruolo lavorativo. Tutti sussurrano per non farsi udire troppo e trovare tranquillità tra le maglie delle cortesie aziendali. Lo sguardo smarrito di Domenico è di chi osserva l’immagine del progresso come fosse il manichino con indosso un impermeabile da 25.000 lire, ma anche di chi vorrebbe raggiungere la condizione sentimentale desiderata, con l’altra giovane come lui Antonietta. Appare la superficie del mondo del lavoro in tutta la sua triste ironia surreale, e dalla quale non potrà che nascere Fantozzi qualche anno dopo. L’identità di un dipendente non è quella sul posto di lavoro ovviamente, ognuno vive al di fuori dell’ufficio con le proprie passioni e desideri, ma per gli altri colleghi (amici, si sa) sarà sempre quello della scrivania davanti al ragioniere, senza la lampada che rovina la vista. Ecco il boom, che ancora oggi guardiamo nella speranza d’incrociare un bagliore di luce riflessa come in un diamante: perché un posto è per sempre, no?
Il posto [Italia 1961] REGIA Ermanno Olmi.
CAST Sandro Panseri, Loredana Detto, Tullio Kezich, Mara Revel.
SCENEGGIATURA Ermanno Olmi. FOTOGRAFIA Lamberto Caimi, Roberto Barbieri. MUSICHE Luigi Denza, Pier Emilio Bassi.
Drammatico, durata 93 minuti.