SPECIALE TARDA PRIMAVERA (E ALL’IMPROVVISO SEI VECCHISSIMO)
Tagliaerba on the road
Pochi film hanno saputo rappresentare la terza età come Una storia vera di David Lynch, che racconta del viaggio on the road, tra l’Iowa e il Wisconsin, dell’anziano e malato Alvin Straight per andare a trovare suo fratello Lyle, col quale non parla da anni, reduce da un infarto.
Anomalo è il mezzo scelto da Alvin: un piccolo tagliaerba, l’unico veicolo che sia in grado di guidare. Reduce dall’inquietante e labirintico Strade perdute, e prossimo al rompicapo onirico Mulholland Drive, Lynch sorprende con un film che, una volta tanto, ha i suoi punti di forza nella linearità narrativa, nell’essenzialità della messinscena, nel tono quotidiano. Un intento esplicito fin dal titolo originale (un gioco di parole che si perde nella traduzione italiana): The Straight Story, cioè la storia di Straight (il cognome del protagonista), ma anche la storia dritta, giusta, onesta. Eppure Una storia vera rimane un film tipicamente lynchiano nelle atmosfere, pure se con un ritmo quasi ieratico, con le strade che scivolano placide sotto l’incedere del tagliaerba, e uno sguardo diverso dal consueto: l’inquietudine trapela nel notturno temporale elettrico che coglie Alvin sotto a un capanno nella campagna incontaminata, il gusto per il paradosso nella scelta orgogliosa e folle del protagonista: coprire in solitudine quasi 400 chilometri su di un mezzo lentissimo per fare visita al fratello malato senza alcuna certezza di trovarlo vivo al suo arrivo. Il viaggio di Alvin è immerso negli sconfinati spazi dell’America di provincia – cui Lynch, coadiuvato dalla fotografia di Freddie Francis, rende giusto merito con splendide inquadrature ampie e maestose – e costellato da una serie di incontri con personaggi dal grande calore umano e incredibilmente autentici. Indelebile il momento in cui, in una notte all’aperto, Alvin convince una ragazza incinta scappata di casa a tornare sui suoi passi, raccontando della tragica storia di sua figlia Rosie e paragonando la famiglia a un mazzetto di bastoncini: così facili da spezzare presi singolarmente, così difficili se legati insieme. La saggezza e l’esperienza dell’età sono condensate in gesti e frasi semplici, profonde e prive di retorica e superficialità. Grande merito alla piena riuscita del film va a Richard Farnsworth, realmente malato di un cancro in fase terminale, che regala un’ultima, struggente interpretazione, in cui la sofferenza e la fatica provate dal personaggio sono inscindibili da quelle personali dell’interprete. Lynch riesce a raggiungere l’apice nel finale, il momento carico di commozione dell’agognato incontro tra i fratelli: due corpi malandati, due visi segnati dalla vita e dal tempo, due esseri umani alla fine della corsa che si capiscono senza bisogno di troppe parole guardandosi con occhi velati di lacrime: “Hai fatto tanta strada con quel coso per venire da me?”; “Sì, Lyle”.
Una storia vera [The Straight Story, USA/Canada 1999] REGIA David Lynch.
CAST Richard Farnsworth, Sissy Spacek, Harry Dean Stanton.
SCENEGGIATURA John Roach, Mary Sweeney. FOTOGRAFIA Freddie Francis. MUSICHE Angelo Badalamenti.
Drammatico, durata 112 minuti.