Nel nome del padre
Starred Up è la perfetta rappresentazione di come le colpe dei padri ricadano spesso sui figli. Ma è anche, per certi versi, la prigione intesa come metafora del rapporto tra un padre e un figlio. Un rapporto che alle volte può essere castrante e può incatenare, può limitare e costringere, proprio come un penitenziario.
Lasciamo perdere per un attimo le premesse che ci vengono poste; lasciamo dunque da una parte il perché e il percome Eric Love si ritrovi trasferito nello stesso luogo nel quale è incarcerato suo padre, e cerchiamo invece di osservare la vicenda da una prospettiva appunto più metaforica. Quello che il film di Mackenzie ci vuole dire è come non sia possibile crescere senza una guida, come di conseguenza ci si possa facilmente smarrire senza un padre, un maestro, una figura insomma che ci educhi su come seguire nel migliore dei modi il nostro percorso di crescita. La prigione che osserveremo panotticamente per tutta la durata del film sarà allora il luogo dove poter permettere a Eric e a Neville di riattivare le funzioni rispettive di padre e figlio e dove poter riacquisire le proprie capacità per comprenderne le differenze. Ci saranno molti scontri e molte figure che ostacoleranno o faciliteranno questo percorso: il direttore della prigione Hayes, lo psicoterapeuta Baumer e gli amici che Eric si farà partecipando a una sorta di gruppo di recupero. Tutti elementi che rappresenteranno diverse funzioni: lo stato come disciplina, la scuola come educazione, l’amicizia come fraternità. Ma la partita più importante si giocherà sempre e comunque sul piano del conflitto diretto tra padre e figlio. Un conflitto che sarà lo spazio nel quale il figlio riattiverà la fiducia nei confronti del genitore e capirà finalmente che cosa sia la Legge. Nella funzione del padre intesa lacanamente come unione (e non opposizione) del desiderio con la Legge, capirà l’importanza del rispetto delle regole e potrà a quel punto nominare per la prima volta la parola “dad”. Una parola che lo separerà definitivamente dal padre (che verrà trasferito in un altro carcere), ma che lo riavvicinerà al desiderio di vita e di indipendenza. In quel finale nel quale entrerà nuovamente e solitario nel penitenziario, dove quell’immagine potente di una porta girevole che si ferma sancirà la sua continuità con la prigionia, troverà per la prima volta una libertà che mai aveva provato prima. Come sosteneva Lacan, “del Padre si può farne a meno a condizione di servirsene”. Ma per servirsene bisogna capire, prima di tutto, come amarlo.
Starred Up [id., Gran Bretagna 2013] REGIA David Mackenzie.
CAST Jack O’Connell, Ben Mendelsohn, Rupert Friend, Sam Spruell.
SCENEGGIATURA Jonathan Asser. FOTOGRAFIA Michael McDonough. MUSICHE Tony Doogan, David Mackenzie.
Drammatico, durata 106 minuti.