SPECIALE TARDA PRIMAVERA (E ALL’IMPROVVISO SEI VECCHISSIMO)
Un cinema trasfigurato
Nel celebre Film (1965) di Alan Schneider un uomo, interpretato da Buster Keaton, ha paura della propria immagine, sente che sta per morire o forse morto lo è già. Gli ultimi suoi segni di vita non sono che gesti di paura, paura della morte, di scoprirsi finito. Annulla tutto il proprio passato, strappando le foto con rabbia.
Lì l’immagine stessa, fotografica o cinematografica, è la morte. Ciò che viene inquadrato si annulla, si cancella, si svuota. Nell’ultimo quadro, quando la fissità dell’uomo sembra suggerire la raggiunta fine scopriamo che la morte non ha altra figura che quella di se stesso e del suo sguardo: la morte è lo sguardo dell’Io su se stesso. Otto anni prima, in Il posto delle fragole di Bergman, il professore Isak Borg scopre la stessa cosa, ma invece di annullare il sé lo insegue in cerca di spiegazioni e ne è inseguito. Il ricordo, il sogno, l’incubo, il quotidiano dialogo che si barcamena tra il formale, il sincero, il rancoroso e il silenzio, tutto è messo sullo stesso livello in questa ricerca dell’essere, tutto ha pari dignità. Eguale spazio è concesso da Bergman ad ogni elemento, in una varietà di situazioni strutturate in un tutt’unico sorprendente, in cui non si avvertono stacchi, passaggi, frammenti: è l’amalgama della vita psichica del personaggio messo in scena. Nell’incubo il volto dietro la mano che lo tira all’interno di una bara ha le sue fattezze, nel ricordo sua cugina Sara tiene davanti a lui uno specchio per mostrargli come è invecchiato. Isak è costretto ad accettare la realtà, il riflesso di sé lo inchioda. Il passato è ormai incomprensibile, “Non parliamo la stessa lingua” afferma Sara, personificazione della memoria cui era caro ritornare. Tutti gli oggetti conservati dalla vecchia madre sono un simulacro, un palliativo alla solitudine. Sempre il ricordo-Sara afferma “Ho avuto troppi riguardi per te, ma arriva il momento in cui ci si ribella”, tutta la vita di Isak gli si rivela inutile, attorno a lui c’è una nuova esistenza che è nel pieno del suo crearsi: i ragazzi che fanno l’autostop e discutono di Dio, la coppia che litiga per futilità, la nuora che è incinta ed è combattuta se mettere al mondo un nuovo essere infelice. Isak invece non può che fare piccole azioni, riconciliarsi con la governante, consigliare il figlio. Ma fa tutto ciò mentre la giornata finisce, non per gli altri che sembrano avere ancora tutta la notte davanti, per lui, che saluta, si prepara per dormire, si mette a letto mostrando la sua immanente condizione di morto che vive. Addormentatosi ritrova i ricordi, stavolta sereni e benigni, forse ora parla la loro stessa lingua, è anche lui un ricordo, un’ombra. E il primo piano conclusivo è lo stesso che conclude Film: noi di fronte a noi stessi.
Il posto delle fragole [Smultronstället, Svezia 1957] REGIA Ingmar Bergman.
CAST Victor Sjöström, Bibi Andersson, Ingrid Thulin, Gunnar Björnstrand.
SCENEGGIATURA Ingmar Bergman. FOTOGRAFIA Gunnar Fischer. MUSICHE Erik Nordgren.
Drammatico, durata 91 minuti.