La riscossa e la (ri)scoperta dei mongoli
Dopo averci commosso con l’assurda guerra fratricida consumatasi nella maestose e polverose dune de Il principe del deserto e averci lasciato a bocca asciutta per quasi quattro anni, Annaud torna finalmente al cinema.
Una attesa lunga, foriera di curiosità e aspettative ma che, come del resto sovente accade quando si tratta di espressioni artistiche intrise di uno stile altamente peculiare come il suo, nonostante la maestria dietro alla cinepresa universalmente riconosciutagli, spesso infiamma – nel bene e nel male – gli animi di platea e critica. In particolare, a essere presi di mira sono il suo placido ritmo narrativo e l’alto interesse dell’obiettivo per gli elementi naturali a scapito di quelli antropomorfi (che, è stato detto, conferirebbe alle opere un effetto troppo alla National Geographic), ossia proprio gli stilemi distintivi del suo fare cinema. Se effettivamente in certe eccellenti opere queste sue intrinseche caratteristiche sembrano a tratti affaticare il ritmo della storia (Sette anni in Tibet e Il nome della rosa), in altri contesti invece non solo sono assolutamente congeniali e funzionali al plot ma – paradossalmente – risultano essere proprio ciò che lo spettatore finisce per amare di più. È questo il caso de L’ultimo lupo, in cui il cineasta francese collabora nuovamente con i suoi attori prediletti: gli animali selvatici. Un film interamente dominato dagli elementi e dai suoni naturali, sublimati dalle stupende musiche di James Horner. Precisi particolari che fanno subito pensare a The New World di Malick, altro regista-poeta famoso per le sue lunghe genesi cinematografiche e l’assenza di frenesia narrativa. Ma i richiami con il “far west” continuano, tirando in ballo addirittura una gemma del western rivalutativo come Balla coi lupi: al di là delle facili similitudini – la compresenza di una particolare specie animale nei due titoli e la facile comparazione tra la yurta mongola e il tepee indiano – sia Annaud che Costner forgiano un inno alla libertà, alla conoscenza e al rispetto reciproco. Influenzato forse anche dalla censura cinese che aveva bandito sia lui che il film interpretato da Brad Pitt a causa della simpatia dimostrata nei confronti della causa nepalese, il regista decide di tralasciare le questioni politiche di cui era intriso il romanzo Il totem del lupo a cui si ispira, insistendo invece sui tratti universali del plot e la conservazione del realismo di quanto girato assieme ai lupi e mettendo così il suo gusto visivo, estremamente elegante, al servizio della pragmatica saggezza di Bilig, l’anziano capo mongolo e dell’avvenenza mozzafiato della steppa. Insomma, pura estasi per gli occhi e per il cuore.
L’ultimo lupo [Le dernier loup, Cina/Francia 2015] REGIA Jean-Jacques Annaud.
CAST Feng Shaofeng, Shawn Dou, Ankhnyam Ragchaa, Basen Zhabu.
SCENEGGIATURA Jean-Jacques Annaud, Alain Godard, John Collee, Lu Wei (tratta dal romanzo Il totem del lupo di Lu Jiamin). FOTOGRAFIA Jean-Marie Dreujou. MUSICHE James Horner.
Drammatico/Avventura, durata 121 minuti.