Una partita da urlo
Li abbiamo visti correre come velocisti in 28 giorni dopo e assieparsi ai centri commerciali di Zombi, mettere benzina ne La terra dei morti viventi e indossare tenute antisommossa in The Walking Dead. Se pensate che in quanto cadaveri meriterebbero un po’ di riposo, Goal of the Dead non è il film per voi. Perché, come suggerisce il titolo, qui gli zombi giocano a calcio. E hanno anche una tifoseria.
Thierry Poiraud e Benjamin Rocher, già regista di The Horde, mettono in scena l’ennesimo epigono de L’alba dei morti dementi, ma stavolta il risultato è ben al di sopra delle aspettative. Diviso in due tempi come una partita, Goal of the Dead mantiene un ritmo degno dei match più combattuti, con un primo tempo incentrato sull’attesa e una seconda parte più cupa e gore, ma sempre all’insegna della comicità. Vecchie glorie e spocchiosi rampolli, ottusi tifosi e groupie scatenate si contendono la coppa del caso umano più disperato, tirando fuori insieme alla grinta tutto il peggio del mondo calcistico. Nell’impietosa galleria, caricaturale fino a un certo punto, non mancano fuoriclasse come i giornalisti o l’ignobile procuratore. Un ensemble che diventa godibile anche in virtù di una sana ironia, giocata più sugli espedienti di linguaggio, dal montaggio alla messa in scena, che su battute davvero demenziali. La spartizione tra i due registi delle metà che compongono il film non va a discapito dell’equilibrio ma garantisce la freschezza di entrambe le soluzioni. Se la prima parte di Benjamin Rocher strizza l’occhio all’horror della suspense, con la cittadina di Caplongue impaludata in lande di inquietudine, nella seconda Thierry Poiraud scatena il piatto più goloso, con creature che invadono lo stadio divorando carne e vomitando bava. Dal doping al divismo, passando per gossip e giri d’affari, si inanellano gli stereotipi del malandato calcio contemporaneo. Ma sarebbe troppo semplice relegare la parodia al mondo che ruota intorno al pallone. Quello messo alla berlina è il disagio della società moderna, dove si sbraitano gli slogan per sopperire alla mancanza di idee, ci si schiera con una folla o l’altra per non rispondere di se stessi e si teme l’individualità più dell’assenza di spirito critico. Più degli zombie, in Goal of the Dead, fa paura la non appartenenza. Quella di Lorit alle proprie radici, quella di Cléo alla famiglia, quella di Idriss al paese natale o quella di Michel a un gruppo qualsiasi. Perché non appartenere significa non esistere, non avere un’identità collettiva, magari apparente o preconfezionata, ma pronta ad assolverci dal dover pensare. Decerebrati ma forti nel numero: la prerogativa di ogni zombie per bene.
Goal of the Dead [id., Francia 2014] REGIA Thierry Poiraud, Benjamin Rocher.
CAST Alban Lenoir, Charlie Bruneau, Tiphaine Daviot, Ahmed Sylla, Alexandre Philip.
SCENEGGIATURA Tristan Schulmann, Marie Garel Weiss, Quoc Dang Tran, Ismael Sy Savané, Laetitia Trapet. FOTOGRAFIA Matias Boucard. MUSICHE Thomas Couzinier, Frederic, Kooshmanian.
Horror/Commedia, durata 120 minuti.