17° Far East Film Festival, 23 aprile – 2 maggio 2015, Udine
Quattro cavalieri, per scongiurare l’apocalisse
Brillante Mendoza, Eric Khoo, Garin Nugroho, Pen-Ek Ratanaruang: carneadi per il pubblico cinematografico occidentale, pionieri per l’industria asiatica del sud-est. Il Far East Film Festival di Udine, si sa, vive anno dopo anno di continue intuizioni, affacciandosi sulle mille possibilità che l’Oriente offre.
Con l’apertura al documentario del 2014 (impreziosita da titoli di spicco quali The Search for Weng Weng e Boundless) si è di fatto spalancato un nuovo filone aurifero mai indagato prima. Così, mentre per la selezione “ufficiale” la kermesse prosegue il suo cammino pop(olare) shakerando con nonchalance alto e basso, la ristretta cerchia dei lavori non finzionali apre squarci più verosimili sulle nazioni e sugli equilibri in gioco. A dirigere Southeast Asian Cinema c’è l’italiano Leonardo Cinieri Lombroso, che già nel 2010 con Through Korean Cinema si era cimentato nell’indagine socio-culturale orientale. Venato di una spontanea e immediata nostalgia, il nuovo documento di Lombroso intraprende un percorso che attraversa Filippine, Indonesia, Tailandia e Singapore. Quattro stati per quattro registi alfieri di una “nuova onda” indipendente che si pone in aperto contrasto con le produzioni ad alto budget tonitruanti e dall’incasso facile. Il mosaico prende forma con le testimonianze di Ratanaruang sulla pesante censura tailandese, del singaporiano Khoo sul mix di visioni e religioni cui scende quotidianamente a patti la sua terra natìa e dell’indonesiano Nugroho, fautore di un “realismo magico” visto come naturale reazione alla caduta del regime di Suharto. Su tutti a colpire maggiormente è però l’apripista di Southeast Asian Cinema, il filippino Brillante Mendoza. Nelle sue parole risuona il tentativo di una coesione universale di spirito e di contenuti, la presa di coscienza di un autore che ha iniziato relativamente tardi a girare (a 45 anni) spinto dal desiderio fondante di filmare il reale, l’ordinarietà e la quotidianità senza filtri. Ciò che per gli altri cineasti interpellati resta sottotraccia, con Mendoza si esplicita senza alcuna titubanza: l’obiettivo è creare una cinematografia nazionale alternativa al prodotto hollywoodiano che riempie le sale. Un intento nobile, anticonformista e all’avanguardia, che fa rima con la sete di democrazia di Paesi e popolazioni sempre tenuti ai margini. È un’idea di cinema che combatte per la libertà di espressione, sgomitando persino ingenuamente per farsi vedere e conoscere (in questo senso, ogni partecipazione ai maggiori festival mondiali – Cannes, Berlino, Venezia – è già di per sé una vittoria). Il gallo sta cantando, come sottolinea il giocoso sottotitolo When the Rooster Crows: per le Filippine, l’Indonesia, la Tailandia e per Singapore (e per l’Asia tutta?) è ora di svegliarsi.
Southeast Asian Cinema – When the Rooster Crows [Id., Singapore/Italia 2014] REGIA Leonardo Cinieri Lombroso.
CAST (INTERVISTE) Brillante Mendoza, Eric Khoo, Garin Nugroho, Pen-Ek Ratanaruang.
SOGGETTO Leonardo Cinieri Lombroso.
Documentario, durata 88 minuti.