SPECIALE NANNI MORETTI
“Mamma, a cosa stai pensando?”. “A domani”
A distanza di quattro anni da Habemus Papam, Nanni Moretti torna nelle sale con Mia madre, film intimo e autobiografico che affronta la malattia e gli ultimi giorni di vita della madre, “un passaggio importante nella vita di chiunque”.
Margherita, regista impegnata sul set di un film socio-politico su una fabbrica di operai a rischio licenziamento e alle prese con il fanfarone e stravagante attore americano protagonista (un John Turturro sopra le righe cui sono affidati i momenti più divertenti del film), affronta, insieme al fratello Giovanni, la degenza della madre in ospedale tentando di mantenere, tra molte difficoltà, il precario equilibrio tra lavoro e vita privata. Dopo La stanza del figlio, Moretti torna a confrontarsi con il tema emotivamente forte della morte di un familiare stretto, un lutto vissuto questa volta sulla propria pelle, e gira un film asciutto, schietto e sincero (alcuni dialoghi sono vere frasi pronunciate dalla madre in ospedale e annotate da Moretti nei suoi diari privati) mettendo in scena un momento doloroso e personale, come non accadeva dai tempi di Caro Diario nel racconto della malattia. Il Moretti della piena maturità si conferma nuovamente (come già in Habemus Papam e Il Caimano) capace di ritagliarsi un ruolo di secondo piano come attore lasciando per la prima volta a una donna, Margherita Buy, il compito di condensare sullo schermo le sue ansie, i suoi dubbi, le sue fragilità, le sue nevrosi. Nell’affrontare la perdita materna Moretti ha cercato “qualcosa di sostanziale che mi era sfuggito” e che gli viene restituito, ad esempio, nel ricordo della madre professoressa tratteggiato da ex alunni, all’interno di un racconto che non vuole essere terapeutico, ma riflettere su come non tutto, delle persone che ci lasciano, va perduto. Mia madre è un film su quello che rimane, sul significato della perdita, ed è anche – come spesso in Moretti – un’opera sul cinema. Ecco ancora una volta un film nel film che ci offre l’occasione – attraverso l’alter ego femminile – di sbirciare Nanni sul set: la preoccupazione di non essere all’altezza, una troupe che lo contraddice troppo poco (“Il regista è uno stronzo a cui si permette di fare di tutto”), l’idiosincrasia con l’istrionico e presuntuoso attore protagonista, una regia al servizio della storia ma capace nella sua essenzialità di raccontarla con lucido distacco emotivo e con interpreti che non si annullano nei rispettivi personaggi ma “stanno loro accanto”, fino al rifiuto, ironico e un po’ polemico, del ruolo di privilegiato e profetico interprete della realtà che lo circonda da sempre: “tutti pensano che io sappia interpretare la realtà ma io non ci capisco più nulla”. La politica una volta tanto rimane sullo sfondo e il film di Margherita sugli operai in sciopero è funzionale nel creare un contrasto con una figura femminile tanto a disagio e destrutturata nella vita privata, quanto consapevole nel girare un film solidamente strutturato. Moretti si conferma un autore unico nel panorama italiano, capace, pur partendo da storie intime e personali, di porsi in un rapporto dialettico con il pubblico attraverso film che, nel bene e nel male, offrono sempre spunti di riflessione non banali.
Mia madre [Id., Italia/Francia 2015] REGIA Nanni Moretti.
CAST Margherita Buy, John Turturro, Nanni Moretti, Giulia Lazzarini.
SCENEGGIATURA Nanni Moretti, Francesco Piccolo, Valia Santella. FOTOGRAFIA Arnaldo Catinari.
Drammatico, durata 106 minuti.