Nelle segrete stanze della rivoluzione
Nel 2013 Ed Snowden è un trentenne che lavora per la Booz Allen Hamilton, una società di consulenza che opera su mandato e favore del governo degli Stati Uniti. Ed, come altri, è un esperto informatico e, come pochi, ha accesso ad un quantitativo sproporzionato di dati sensibili della popolazione, in quanto amministratore di sistema all’interno di una struttura della NSA (National Security Agency).
Una volta capito che il governo usa questi dati non per proteggere ma per spiare un numero enorme di persone in giro per il mondo, Ed si rifugia a Hong Kong e, per i suoi pochi interlocutori fidati, diventa “Citizenfour”. Per capire l’importanza del documentario di Laura Poitras è assolutamente necessario pensarlo sia come chiusura di un trittico sugli Usa iniziato con My county my country (2006) e proseguito con The Oath (2010), sia come un’operazione di scrittura collettiva che coinvolge, oltre alla regista, i giornalisti Glenn Greenwald e Ewen McAskill del Guardian, lo stesso Snowden e una serie personaggi che ruotano attorno al Datagate, fra cui anche Julian Assange. La cosa migliore è entrare in sala con la convinzione che Citizenfour si tratti di una ricostruzione dei giorni di latitanza del giovane Snowden, una sorta di finzione o ri-messa in scena meccanica, per quanto veritiera, di eventi, una via di mezzo critica e dirompente fra Michael Moore e Joshua Oppenheimer. Entrando con questo spirito, l’impatto con la figura asciutta di Ed, stretto fra le mura e i cuscini bianchi di un anonimo, seppur bellissimo, hotel asiatico acquista una potenza che va oltre il semplice riconoscimento del valore delle sue rivelazioni, divenendo testimonianza storica. Le certezze vacillano, i dubbi trovano conferma, la macchina da presa fibrillante fatica a tenere il fuoco sul soggetto, quasi fosse sfuggente pur nella sua immobile presenza, destabilizzando noi e tutti gli strumenti insensibili che lo stanno riprendendo. A differenza di Michael Moore che costruisce sull’accumulo di anomalie un racconto di finzione aumentata grazie ai grafici e alle animazioni, la Poitras racconta il momento, l’istante, le conversazioni con Greenwald che daranno vita ai primi articoli del Guardian, le lettere della fidanzata di Snowden, totalmente all’oscuro del suo progetto, pedinata e controllata peggio di una terrorista, le reazioni di Snowden alle tribune politiche televisive. La cornice è sì composta da udienze, testimonianze di soggetti terzi e materiale extradiegetico, ma il cuore del progetto rimane lì, chiuso fra le mura di un nascondiglio o stretto fra i caratteri delle conversazioni crittate. In quei (non)luoghi possiamo sentirci complici di un atto rivoluzionario, anche se solo per due ore, stare in bilico, sorretti dalla suspense, in attesa di un messaggio in risposta, sospesi, sul finale, sull’ultimo dei tanti acronimi e delle tante sigle scritto su di un foglietto ad indicare il bersaglio dei droni segreti: Potus (President of the United States).
Citizenfour [id., Germania/USA 2014] REGIA Laura Poitras.
CAST Edward Snowden, Glenn Greenwald, Ewen McAskill, Julian Assange, Jacob Appelbaum.
FOTOGRAFIA Kirsten Johnson, Trevor Paglen, Laura Poitras, Katy Scoggin.
Documentario/Thriller, durata 120 minuti.