Ricomincio da capo
Legata a doppio filo alla produzione cinematografica “di regime” cinese, la carriera del cineasta Zhang Yimou ha fin dagli esordi fatto di necessità virtù, alternando opere personali libere da “bavagli” creativi a lavori necessariamente di propaganda/celebrazione.
Se nella recente esperienza dei wuxia – su tutti Hero (2002) e La foresta dei pugnali volanti (2004) – Yimou ha avuto modo di sciogliersi dai legacci politici grazie alle vertiginose e “liberatorie” coreografie, risulta più interessante indagare proprio nei suoi film “su commissione” le tracce di un’impronta autoriale, di una sotterranea ribellione. In Lettere di uno sconosciuto il gioco risulta particolarmente facile: si fa riferimento infatti alla Rivoluzione Proletaria lanciata da Mao Zedong nel 1966, epurazione controriformista atta al ripristino del pensiero marxista-leninista. Un periodo mal digerito dalla stessa Repubblica Popolare, che dal 1976 reintegrerà gli “intellettuali borghesi” banditi cercando di voltare pagina. Il protagonista di Lettere da uno sconosciuto, Lu Yanshi, vivrà entrambe le situazioni: dapprima costretto alla clandestinità, verrà riabilitato a distanza di una decina di anni, realizzando il tanto agognato rientro dalla propria famiglia. L’amnesia di un intero stato si rifletterà però nell’amnesia di un singolo: la moglie di Lu infatti soffre di perdita della memoria, e in particolar modo non riconosce assolutamente il coniuge. Peggio: continua invano ad attenderne il rimpatrio, recandosi ogni mese alla stazione. Eppure il marito è già lì, e le prova tutte per far rinsavire la consorte, compresa la lettura delle missive scritte di suo pugno durante il terribile esilio… Lu cerca di farsi riconoscere anzitutto per ricongiungersi alla donna che ama, ma anche per poter riacquistare una propria identità, cancellata dall’apologia di regime. Zhang Yimou traveste la sua ultima creatura da melò, gonfio di retorica e tensione sentimentale. Ma ci invita appunto a guardare qualcos’altro, il “doppio fondo” invisibile ad una prima occhiata: se la vicenda in superficie si espone a diverse possibili critiche – il calligrafismo stanco e “bollito” della messinscena, la coazione a ripetere della protagonista che sfiora il ridicolo come in una sorta di Ricomincio da capo tragico – il finale inchioda alle proprie responsabilità una nazione che anteponendo le ragioni “di partito” a quelle degli individui ha causato indicibili danni. E di metafora in metafora si torna proprio al regista Yimou, accantonato dall’industria cinematografica cinese per ben due anni perché padre di sette figli (reato gravissimo vista la “politica del figlio unico” governativa). In Lettere di uno sconosciuto Zhang Yimou parla di se stesso, e che il titolo originale Gui lai significhi “il ritorno” appare più di un semplice indizio.
Lettere di uno sconosciuto [Gui lai, Cina 2014] REGIA Zhang Yimou.
CAST Gong Li, Chen Daoming, Zhang Huiwen, Guo Tao, Zu Feng, Ding Jiali.
SCENEGGIATURA Zou Jingzhi. FOTOGRAFIA Xiaoding Zhao. MUSICHE Xiaoding Zhao.
Drammatico, durata 111 minuti.