SPECIALE FRANÇOIS OZON
Ozon fassbinderiano
Tratto da un testo teatrale di Fassbinder mai messo in scena, Gocce d’acqua su pietre roventi di François Ozon racconta in quattro atti completamente ambientati in interni la storia d’amore tra il cinquantenne Leopold e il ventenne Franz. I due, dopo una serata passata insieme, decidono di convivere, ma dopo qualche tempo la loro relazione si complica a causa di psicosi e nervosismi quotidiani. Così, per il giovane Franz la situazione sarà sempre più difficile, anche per la ricomparsa di Anna, la ragazza che lasciato in favore di Leopold.
Adattando per lo schermo il testo di Fassbinder, l’autore francese rappresenta la relazione di coppia come un gioco di potere dove contano soprattutto i rapporti di forza; un gioco composto da una persona dominante e una dominata, e nel quale sadismo, sottomissione e sfruttamento convivono inesorabilmente. Una condizione a tratti insopportabile alla quale però non sembra possibile sottrarsi, tanto che qui l’amore, in primis quello tormentato, viene mostrato come una sorta di prigione da cui non si può uscire o scappare, se non con la morte. François Ozon racconta e rappresenta tutto ciò omaggiando e rifacendo piuttosto fedelmente il cinema di Fassbinder, di cui riprende gli stilemi e, almeno in parte, la freddezza di fondo. Proprio come in alcuni lavori del cineasta bavarese, qui la posizione delle figure nello spazio risulta dettagliata e precisa in funzione di una messa in scena teatrale e quasi geometrica, dove le scenografie diventano il simbolo e la raffigurazione del senso di prigionia e soffocamento dei personaggi. Ne sono una dimostrazione le numerose immagini in cui i protagonisti sono inquadrati all’intero di diverse linee e “cornici” (quelle di una finestra, di una porta o di uno specchio), che li “rinchiudono” visivamente in confini delineati e volutamente limitanti. Ne viene fuori così una pellicola pessimista e senza speranza, segnata da un’atmosfera tesa e claustrofobica, perfettamente inerente alle vicissitudini dei personaggi e, soprattutto, agli umori che li attraversano. Dunque, se si esclude una certa ironia più tipica del regista francese che di Fassbinder, qui Ozon sembra quasi “annullarsi” per seguire lo stile del maestro tedesco, realizzando una pellicola apparentemente non molto originale e personale. Allo stesso tempo, però, non si può negare che Gocce d’acqua su pietre roventi sia un film assai compatto e coerente negli intenti e nei risultati, quindi complessivamente riuscito. E, in fondo, anche l’omaggio più evidente e l’ispirazione più sfaccettata possono essere il segno della propria visione del mondo e, in tal caso, della Settima Arte.
Gocce d’acqua su pietre roventi [Gouttes d’eau sur pierres brûlantes, Francia 1999] REGIA François Ozon.
CAST Bernard Giraudeau, Malik Zidi, Ludivine Sagnier, Anna Levine.
SCENEGGIATURA François Ozon. FOTOGRAFIA Jeanne Lapoirie. MUSICHE Francoise Hardy, Tony Holiday, Mahler Haendel.
Drammatico, durata 90 minuti.