SPECIALE WIM WENDERS
Tempo che passa
In un breve racconto di Gianni Celati, intitolato Tempo che passa, una donna impegnata per lavoro a percorrere ogni giorno una cinquantina di chilometri in auto, sosta durante il ritorno in zone interstiziali del paese d’origine e, osservando passiva la marginalità degli ultimi gesti del giorno, riesce finalmente a sentire il tempo che passa.
In questo atto ambiguo e sospeso, apparentemente indefinibile, vengono meno il giudizio e l’attesa, nella coscienza, non importa se matura o appena abbozzata, che tutto stia accadendo: che il tempo, semplicemente, stia passando. Gianni Celati conosce molto bene Nel corso del tempo di Wim Wenders, e non ha mancato di scriverne nei suoi appunti, rari ma sempre puntuali, dedicati al cinema. Nel viaggio dei trentenni Bruno, che ripara proiettori cinematografici, e Robert, psicolinguista, lungo le campagne desolate al confine con la DDR, Celati non vedeva tanto il topos hollywoodiano del film on the road, ma piuttosto l’impianto erratico delle peregrinazioni cavalleresche di Lancillotto e Perceval: il santo Graal capace di liberare l’immobilità di quel paesaggio diventava così la memoria personale dei personaggi, il rapporto con il proprio passato e, appunto, con il tempo che passa. Furente e depressivo il movimento di Robert (il divorzio con la moglie, la scomparsa della madre, la relazione difficile con il padre anziano), malinconica la ricerca di un’estasi laica da parte di Bruno. La ricerca dei due protagonisti non avviene mai entro la struttura fictional dell’azione e della trama, bensì entro quella “non-fictional del tempo che passa durante il nostro guardare”, scrive Celati. Anche Wenders, memore di Antonioni ben prima di quanto ricordiamo, tende a raffreddare la scrittura e la messinscena di questo lungo film, avvicinandosi a una forma documentaristica senza perdere di vista il racconto: liberarsi di un cinema ad effetto, intenso contro i ritmi verosimili della vita, fondato sulle eccitazioni e sullo spettacolo, sembra il messaggio interno a Nel corso del tempo, elevando il viaggio di Bruno e Robert a vera e propria interrogazione sul cinema e sulle immagini. Non è un caso che una delle sottotrame del film racconti il declino delle sale cinematografiche di provincia, dominate ormai dai soli film porno, in una delle quali, racconta Lisa Kreuzer, due amanti sono rimasti incastrati nell’amplesso: Nel corso del tempo descrive la paralisi dei desideri di un mondo dove – ancora con Celati – “desiderio e macchina sono diventati la stessa cosa”. E rilancia una scommessa del cinema: quella dell’incontro, della vittoria sull’estraneità.
Nel corso del tempo [Im Lauf der Zeit, Germania 1976] REGIA Wim Wenders.
CAST Rüdiger Vogler, Hanns Zischler, Lisa Kreuzer, Rudolf Schündler.
SCENEGGIATURA Wim Wenders. FOTOGRAFIA Robby Müller, Martin Schäfer. MUSICHE Axel Linstädt.
Drammatico, durata 175 minuti.