SPECIALE WIM WENDERS
Non farti cadere le braccia
Da sempre interessato a riflettere sul cinema e sulle sue potenzialità narrative, con Lisbon Story Wim Wenders realizza uno dei film migliori degli ultimi decenni della sua lunga carriera.
È costruito, nella prima parte, su un’assenza, quella del filmmaker Friedrich, detto Fritz, e sulla sua lunga ricerca da parte dell’amico Phillip Winter (tecnico del suono con una gamba rotta, probabile metafora del suo andare a rilento nella vita), che raggiunge Lisbona in auto dalla Germania e va a vivere proprio nella casa disabitata di Fritz, dove passa le notti a leggere poesie di Pessoa e a scacciare le mosche che lo tormentano. Con il suo portoghese molto scolastico, Phillip chiede notizie di Fritz ai ragazzini che gravitano intorno all’abitazione dell’amico (tra questi, ce n’è uno misterioso che appare e scompare sempre, in un lampo, e che Phillip prova a seguire, invano), ma nessuno sa dove sia. In un cortocircuito tra cinema nel cinema e realtà, lo stesso cortocircuito per cui l’iris ricorrente richiama il film in bianco e nero che Friedrich ha iniziato, i Madredeus registrano la colonna sonora destinata ad accompagnare le immagini della città (come le “vedute” del muto) girate da Friedrich. Wenders, regista-fotografo, attento tanto alla dimensione temporale quanto a quella spaziale del cinema, scopre gradualmente Lisbona, di pari passo con Phillip, uomo senza direzione né programmi precisi, che guarda con attenzione una parte del girato di Friedrich e vaga con indolenza e curiosità per la città, conquistato dai suoi colori vivaci, dalla luce del giorno, dalla splendida musica dei Madredeus, le cui esibizioni Wenders, da noto appassionato qual è, riprende con indubbia efficacia.
Il cameo di Manoel de Oliveira è azzeccatissimo, perché al grande regista portoghese viene affidato il compito di parlare della memoria, “la sola cosa vera”, che però, allo stesso tempo, è semplicemente un’invenzione a cui crediamo: il cinema, infatti, fa rivivere il fantasma di un momento, che non sappiamo se sia accaduto davvero oppure no. Questo dubbio, inscindibile dal fare cinema, può portare a una paralisi creativa, come quella di Friedrich che, una volta ritrovato da Phillip, gli spiega che le immagini non sono più quelle di un tempo, non riescono più a mostrare nulla e neanche il suono può salvarle, perché l’occhio dell’operatore fa morire l’oggetto inquadrato e prosciuga la vita delle cose. Phillip lo convince, invece, a finire il suo film: “Muovi gli occhi attorno, fidati di loro e della tua cinepresa: se ci metti il cuore, creerai immagini indispensabili”. Quale migliore esempio della fede nel cinema di Wenders?
Lisbon Story [id., Germania/Portogallo 1994] REGIA Wim Wenders.
CAST Rüdiger Vogler, Patrick Bauchau, Teresa Salgueiro, Manoel de Oliveira, Joel Cunha Ferreira.
SCENEGGIATURA Wim Wenders. FOTOGRAFIA Lisa Rinzler. MUSICHE Jürgen Knieper, Madredeus.
Commedia drammatica, durata 100 minuti.