Le cifre del Festival di Sanremo sono sempre piuttosto alte ma quest’anno le aspettative sono state più che superate: quasi 12 milioni di spettatori hanno assistito alla premiazione del trio di mamma Clerici, Il Volo. La 65° edizione è la più seguita negli ultimi dieci anni.
Eppure appena sentita la notizia qualcosa non tornava.
Certo, conduzione impeccabile quella di Carlo Conti: soliti noti che tornano sul palco e ben tre vallette molto più manovrate del solito (ricordate Belen e Littizzetto?). Fin dall’inizio tutto sembrava di una tranquillità così “alla Carlo Conti”: una conduzione pulita, nessun eccesso, da non fare invidia alla peggiore edizione (quella del ’75). Non che mancassero spunti! Dalla superfamiglia cattolica Anania alla barbuta eroina Conchita Wurst, due poli opposti perfetti di “eccessività” che avrebbero fatto gola a qualsiasi Chiambretti di passaggio, la Nannini che stona come non ci fosse un domani, ospiti improbabili come Charlize Theron, di quelli che ti chiedi “ma perché è lì?”
Poi, mentre guardavo la trasmissione – deluso come da buon italiano – ho abbassato gli occhi e mi sono accorto di quello che stavo facendo da ormai quattro giorni: al posto del telecomando il cellulare, sintonizzazione puntuale su Twitter all’inizio dello show. Ecco dove stava il Festival: migliaia di commenti inondavano i social network, quell’acqua cheta che guardavo in televisione non era che il fondo di un oceano in tempesta sulla superficie 3.0. Ed ecco la 65° edizione, un paradosso: da un lato il Festival dell’omologazione, con una buona metà dei concorrenti amputati del cognome (sarà un caso?) e dallo stile sempre riconducibile… a qualcun altro. Dall’altro il Festival dei social, eterogeneo, un Festival che stupisce (ora sul serio) per la lungimiranza degli organizzatori che, dopo essersi fatti sfuggire l’occasione nella scorsa edizione, in questa anticipano i tuitteri italiani promuovendo da subito l’hashtag #Sanremo2015.
È nei social che il Festival ha trovato la sua piena conclamazione, attraverso il contributo di “lavoratori gratuiti” e attenti a ogni possibilità di narrazione proveniente dagli spunti che venivano solo accennati in TV (per non eccedere troppo). Anania, Wurst, Nannini diventano dei trending topic eccezionali, VIP di varia origine (Luxuria, D’Alessio vs. Lucarelli ) e tweetstar si alternano a un’inconsapevole promozione dello show. Il Festival rivive i fasti di un tempo ma per farlo si impoverisce di tentati suicidi e farfalline. Appiattito e standardizzato diventa un contenitore narrativo da riempire, con “scrittori” provenienti da ogni angolo del web, perché quest’anno “Tutti cantano a Sanremo”.