SPECIALE JAZZ AL CINEMA
“You ain’t heard nothin’ yet”
Il 1927 è indubbiamente l’anno più importante della Storia del Cinema, secondo solo a quello della sua nascita ufficiale (1895), dato che per la prima volta il pubblico poté udire parole “pronunciate” dalle stesse immagini.
Certo, non era una novità per gli spettatori dell’epoca assistere a spettacoli cinematografici musicati da pianisti o orchestre in diretta, oppure accompagnati dalla voce di imbonitori che commentavano le immagini proiettate sullo schermo: il cinema muto non era mai stato veramente muto! Ma nella seconda metà degli anni Venti, il progresso tecnologico raggiunse quella perfezione ricercata ormai da molto tempo: sincronizzare assieme immagini in movimento e suoni (musica, rumori, dialoghi). Fu la Warner Bros. a produrre il primo film parlato della Storia del Cinema grazie al sistema Vitaphone – in grado di registrare suoni su dischi fonografici – evitando, tra l’altro, il fallimento verso cui era destinata: The Jazz Singer diretto da Alan Crosland e interpretato da Al Jolson. In realtà, già l’anno precedente la stessa casa di produzione aveva distribuito un film con musiche e rumori sincronizzati – Don Juan, sempre di Crosland – ma senza alcun dialogo. Rivisto oggi, The Jazz Singer appare in sé un film mediocre e in linea con il già codificato stile classico hollywoodiano; vi si racconta di un ragazzo ebreo che, seppur ostacolato dalla famiglia, riesce a coronare il suo sogno e diventare un cantante jazz. Tuttavia, è innegabile la sua importanza storica per almeno tre motivi. Il primo (e più ovvio) è che diede origine al cinema sonoro anche se, al di là delle sequenze musicate, i dialoghi parlati contenuti nel film sono davvero miseri: qualche manciata di parole pronunciate dallo stesso Jolson mentre i restanti sono affidati alle tradizionali didascalie. Ma sono bastate poche battute per esercitare sugli spettatori dell’epoca un effetto inimmaginabile. Il secondo motivo riguarda la nascita di un nuovo genere cinematografico: il musical. È evidente che, soltanto nel momento in cui il cinema diventa sonoro – con tutte le problematiche tecniche a esso connesse e il rifiuto da parte di molti registi e attori del muto di adeguarsi al cambiamento, è possibile trasporre sul grande schermo gli spettacoli recitati, ballati ma soprattutto cantati, già in voga nei palcoscenici statunitensi. Infine, con The Jazz Singer entra prepotentemente nelle colonne sonore dei film quel genere musicale che, nato nelle comunità afroamericane del profondo Sud a inizio Novecento, divenne uno dei simboli incontrastati della cultura statunitense: il jazz. Siamo, infatti, nel pieno dei “ruggenti anni Venti” e il jazz fa da sfondo all’epoca del liberismo sfrenato, del proibizionismo e del gangsterismo. Lo stesso film, del resto, adotta un tipico stereotipo dell’epoca: l’uomo bianco che, dipintasi la faccia di nero, parodia gli inventori del jazz. Anche se di quel jazz non può proprio farne a meno.
The Jazz Singer [Id., USA 1927] REGIA Alan Crosland.
CAST Al Jolson, May McAvoy, Warner Oland, Eugenie Besserer, Richard Tucker.
SCENEGGIATURA Alfred Cohn. FOTOGRAFIA Hal Mohr. MUSICHE Louis Silvers.
Musicale/Drammatico, durata 88 minuti.