SPECIALE MESSICO & CINEMA
Il dramma perverso
Quando Buñuel lasciò la Spagna per raggiungere prima gli Stati Uniti e poi il Messico, si trovò in una situazione paradossale. Era già un mostro sacro del cinema per via dei suoi film surrealisti, eppure non sapeva bene come funziona la macchina industriale degli Studios.
Il suo nome era riportato nelle storie del cinema, ma doveva ancora fare la gavetta per imparare come funziona il cinema “vero”. Fu così che Buñuel firmò una serie di pellicole messicane, più o meno commerciali ma comunque interessanti perché recano una traccia del suo inconfondibile senso dell’umorismo e della sua attitudine alla violenza. I problemi tecnici sono tanti e lo scheletro comune a quasi tutti i film è quello del dramma sentimentale, eppure il regista è riuscito a mantenere una certa costanza tematica, che si manifesta in pellicole come I figli della violenza, Lui ed Estasi di un delitto. Quest’ultima risale al ’55 ed è particolarmente interessante per il modo in cui mescola il genere, quello del thriller sentimentale, con le personali ossessioni bunueliane come lo sberleffo alla religione e la repressione sessuale con la conseguente volontà di potenza mirata a schiacciare l’universo femminile. Archibaldo è un ricco artigiano che si consegna alla polizia attribuendosi la colpa per una serie di morti accidentali. Assistiamo al suo racconto, da non prendere alla lettera perché frutto del suo punto di vista mentalmente disturbato. Quando Archibaldo desidera che una persona muoia, essa è repentinamente colta da un incidente fatale. L‘uomo è un killer psichico auto diagnosticato, ma non si accorge di una serie di particolari importantissimi, come ad esempio il fatto che le “vittime” sono tutte donne giovani e belle o che la sua rabbia si indirizza verso le donne infedeli, vanesie o che gli negano un rapporto. Non ci si dovrebbe psicanalizzare da soli e, infatti, Archibaldo sbaglia tutto. Ingigantisce la propria frustrazione conferendole dei poteri paranormali, compensa la frustrazione sessuale col potere della violenza (solo immaginata) e si convince a tal punto della propria forza che si auto accusa dei delitti inesistenti. La potenza sul prossimo provoca in lui un piacere intenso (da qui l’estasi del titolo), ma l’atavico senso di colpa cattolico avrà la meglio sulle sue fantasie delittuose. Il commissario di polizia diventerà il confessore che, dovrebbe essere ovvio, assolve Archibaldo senza penitenza. Il catalizzatore delle sue pulsioni sfrenate è la musica di un carillon, tocco cinefilo e ricordo d’infanzia che ci ricorda che le perversioni nascono in tenera età. Buñuel ha la mano pesante quando parla di amore, di bambini e di religione. I film messicani non fanno eccezione, nonostante l’impostazione sia più classica rispetto a quella del resto della sua filmografia.
Estasi di un delitto [Ensayo de un crimen, Messico 1955] REGIA Luis Buñuel.
CAST Miroslava, Ernesto Alonso, Rita Macedo, Ariadna Welter, Andrea Palma, Rodolfo Landa.
SCENEGGIATURA Luis Buñuel, Eduardo Ugarte (tratto dal racconto omonimo di Rodolfo Usigli). FOTOGRAFIA Augustin Jiménez. MUSICHE Jorge Pérez.
Drammatico, durata 89 minuti.