SPECIALE MESSICO & CINEMA
“La terra girò per renderci più vicini… finché finalmente ci ricongiunse in questo sogno”
Quale è la sottile linea di demarcazione tra vita e morte? “Si dice che nel preciso istante della morte tutti perdiamo 21 grammi di peso. Nessuno escluso. Ma quanto c’è in 21 grammi. Quanto va perduto?”.
Queste parole danno il senso di 21 grammi, il secondo film diretto da Alejandro Gonzàlez Iñàrritu con un meraviglioso Sean Penn (Coppa Volpi a Venezia). Quella litania, pronunciata nella “sala d’attesa della morte”, rimane dentro, logora e non lascia in pace: aghi, tubi, il peso dell’angoscia preme proprio lì, all’altezza del nostro cuore. Prima stai passeggiando con le tue figlie, dopo, un incidente toglie la vita a te e alle tue creature. Una moglie, una madre resta sola. Prima non hai un cuore e, un istante più tardi, senti il battito di un altro nel petto. Paul Rivers/Sean Penn, Cristina Peck/Naomi Watts, Jack Jordan/Benicio del Toro prendono calci in faccia dalla sorte e le loro esistenze si avviluppano, si incatenano e si strappano. Lo spettatore subisce le storie di questi ultimi, afflitti, sventurati mucchi d’ossa, che spostano il baricentro destabilizzandoci. Una trama dolorosa, complessa, quasi filosofica, come i suoi contenuti, si intesse di fronte ai nostri occhi, spaesati e succubi di Dio, dell’Altro, di Noi, fiaccati dai colpi inferti dalla Sorte. Lo sguardo di Iñàrritu indaga l’arco vitale dei suoi protagonisti con la ferocia e la prepotenza di chi vuole scoprire tutto: l’amorevole ossessione di Paul per la moglie di chi gli ha donato il cuore, il quotidiano mal di vivere di Cristina che fa i conti con la perpetua e densa assenza delle figlie e del marito, la fede violenta e fanatica di Jack, ex galeotto che si tatua la croce, ma anche il peccato. Ci si salva, si perde, si uccide, si paga lo scotto e si muore e questo modello si ripropone in un eterno ritorno. 21 grammi è una parabola dilaniante e corposa in cui si galleggia in un materiale cisposo tra attesa e attacco, fuga e inseguimento, dovere e religione, volontà di Dio e propria, rimorsi e rimpianti, e, sballottati in tutto questo, “asmatici” di senso, “teniamo duro”. La camera a spalla, la grana della fotografia raccontano un mondo che non fa sconti, anzi distrugge e decompone. A questo serve il montaggio, straniante e spezzato, che coinvolge e turba, dando vita ad un vortice che inabissa, smuovendo le vite, minuscole e infinite, sferzate da un turbine di poesia e pianto, di sangue e violenza. Si va avanti e indietro, partecipando al dramma, universale e individuale; e noi ci dilaniamo, vacillanti, in questo gioco di (s)composizione, crediamo e subito smettiamo di farlo. 21 grammi è una lettera infelice sulla perdita, un canto sulla morte, un credo sul peso dell’anima, su quegli istanti interminabili e dolorosi tra il luogo e il non luogo.
21 grammi [21 Grams, USA 2003] REGIA Alejandro Gonzàlez Inarritu.
CAST Sean Penn, Naomi Watts, Benicio del Toro, Charlotte Gainsbourg, Eddie Marsan, Melissa Leo.
SCENEGGIATURA Guillermo Arriaga. FOTOGRAFIA Rodrigo Prieto. MUSICHE Ilan Eshkeri, Gustavo Santaolalla.
Drammatico, durata 120 minuti.