Nuova ossessione, ormai ci sono dentro
Emma Bovary o Gemma Bovery? Per Martin Joubert, panettiere esperto in letteratura “classica” ottocentesca, non fa poi molta differenza. Da quando, in fuga dalla caotica Parigi, si è trasferito in Normandia nel casolare in cui è cresciuto, trascorre le sue giornate immerso nella noia e in una tranquillità parente prossima della depressione.
Tutto questo proprio dove Gustave Flaubert scrisse Madame Bovary, tragica epopea di una donna che si aspetta tutto dall’amore e ne è sempre delusa. L’equilibrio a lungo sognato si infrange con l’arrivo dei nuovi vicini londinesi: lei, Gemma, e lui, Charles, sono solari, innamorati e socievoli. È Gemma, in particolare, a scatenare le fantasie di Joubert: casta, sensuale, forse insoddisfatta, probabilmente trascurata dal consorte… Talmente tanto simile all’eroina sognatrice del romanzo da generare, nel protagonista, un inevitabile transfert. Del resto, citando Oscar Wilde, “La vita imita l’arte più di quanto l’arte non imiti la vita”. Martin lo crede fermamente, arrivando non solo a scrutare con ossessione quasi morbosa le umane vicende della bella Gemma (una Gemma Arterton ipnotica, attraente, sconvolgente), ma addirittura auto-convincendosi di poterne plasmare il destino. Attraversato da una voce off una volta tanto non importuna ma al contrario indispensabile alla comprensione di ogni minima sfumatura di tono, Gemma Bovery adatta l’omonima graphic novel di Posy Simmonds, già autrice di Tamara Drewe, in modo squisito e irresistibile. E non ce lo saremmo mai aspettati, visto e considerato che alla regia c’è la lussemburghese Anne Fontaine. La rara e inattesa delicatezza della messinscena fa da controcanto ai disastri precedenti dell’autrice: la prurigine sessuale di Two Mothers si trasforma in candore seduttivo, la posticcia e irritante comicità di Il mio migliore incubo! trasfigura in una raffinata ironia, la banale agiografia di Coco avant Chanel si tramuta qui in un gioco di specchi e di rimandi alla letteratura e alla vita che scolora nel romanzo. Gemma Bovery è un piacere per gli occhi e per l’intelligenza dello spettatore, un’analisi in punta di cinepresa (espressione abusata ma in questo caso davvero efficace) sulla seduzione e un saggio di sceneggiatura da ammirare e studiare: perché l’erotismo nei dialoghi resta sempre sotteso, perché il punto di vista privilegiato di Martin non ci viene imposto ma si innesta progressivamente nel tessuto della narrazione. Al punto che quasi ci spiace sentire Gemma sbottare in un “Non sono Madame Bovary, sono io. Sono libera, capace di essere felice”, perché la realtà così riprende di prepotenza il suo legittimo posto. Aveva ragione Marzullo: “La vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere?”. Impossibile rispondere.
Gemma Bovery [id., Francia 2014] REGIA Anne Fontaine.
CAST Gemma Arterton, Fabrice Luchini, Jason Flemyng, Mel Raido.
SCENEGGIATURA Pascal Bonitzer, Anne Fontaine (tratta dall’omonima graphic novel di Posy Simmonds). FOTOGRAFIA Christophe Beaucarne. MUSICHE Bruno Coulais.
Commedia/Drammatico, durata 99 minuti.