Mangia, controlla, crepa
Ci si può divertire simulando il compito di un controllore di frontiera per un regime? Si può davvero trovare piacere a passare il proprio tempo a visionare documenti, leggere carte d’identità, passaporti e permessi lavorativi attraverso una grafica a 8 bit?
Magari divertirsi in senso stretto proprio no, ma quel che è certo è che a un certo punto inizia a crescere un contrastante senso di appagamento. Un mostruoso gioco che si lascia appassionare in un disinteressato distinguo d’identità e storie personali, o almeno da quel che ci viene fatto intuire attraverso le poche righe di testo forniteci durante i nostri colloqui ispezionali. Papers, Please si può riassumere seccamente anche con il solo ironico titolo cui, dietro la fredda gentilezza della frase di un uomo al checkpoint, si cela la fredda consistenza burocratica che rende vittima ogni nuovo avventore desideroso di varcare i confini della nazione fittizia di Arstotzka. Ma non saremo chiamati solamente a impersonare la parte di un carnefice delle scartoffie, perché siamo noi stessi le vittime di un mondo grigio e spoglio da regime filocomunista, ambientato all’inizio degli anni Ottanta durante una guerra fredda condotta da spie e terroristi tra i rancorosi Paesi confinanti. Vittime allora noi stessi, ritrovatici a guadagnare il necessario per il sostentamento della nostra famiglia (moglie, due figli e uno zio) ingabbiati in un sistema in cui il compenso è direttamente proporzionale a quante persone riusciremo a verificare senza errori durante il nostro turno di lavoro. Un incubo economico-burocratico in cui per avere i soldi necessari per dare da mangiare e curare i nostri familiari dovremo essere efficienti, veloci e soprattutto indifferenti ai casi umani che ogni giorno ci si pareranno di fronte. Papers, Please soprattutto per questo è un gioiello videoludico, non solo perché riesce a superare la sfida di rendere avvincente un gameplay basato tutto sull’immobilismo di un funzionario di frontiera, ma soprattutto perché la sua formula di rompicapo si integra perfettamente al degrado dell’umano trasformato a semplice meccanismo e ingranaggio statale. O noi o loro, questa è l’antietica dentro cui il titolo tiene a trasportarci attraverso la paranoica ricerca di chi aggira la schedatura dell’essere e che, per forza di cose, va a collidere con il corporeo degli transfughi. Impronte digitali e foto a raggi X sono i mezzi che mostrano il grigiore di corpi decadenti, nella speranza di scovare magari chi contrabbanda armi o merci, come fine ultimo ottenere guadagni bonus al nostro incarico. È la sproporzione tra l’essere e le istituzioni che più di tutto fa pensare in Papers, Please a un mondo kafkiano, il senso spesso ci sfugge ma in ogni caso tutto deve continuare a scorrere come l’orario di lavoro (mai sufficiente per vivere), quasi fosse un pendolo tra una nera ironia e lampi di miseria umana. Uno dei rari esempi in cui il gameplay diviene vero e proprio linguaggio figurale, e scusate se è poco.
Papers, Please – A Dystopian Document Thriller [id., USA 2014]
SVILUPPATORE Lucas Pope. DISTRIBUTORE Steam.
PIATTAFORME Pc, Mac OS X, Linux.
Rompicapo/Simulazione/Manageriale.