SPECIALE RIDLEY SCOTT
Legge bianca, crimine nero?
La secessione nel mercato del narcotraffico, la secessione di una minoranza etnica dalle altre, la secessione all’interno del mercato criminale, la secessione di una società da un conflitto come quello del Vietnam, la secessione tra legge e fuorilegge: dicotomie che si riassumono nel contrasto parallelo, inverso ma coincidente, tra bianco e nero.
American Gangster unisce questi diversi punti, si regge su una storia di doppia formazione e doppia caduta: il gangster afroamericano Frank Lucas nella sua inesorabile ascesa all’interno del mercato della droga, e il detective Richie Roberts, pecora nera nel distretto perché distante dalla corruzione. Due ascese e due cadute, opposte e coincidenti perché in fondo quello che ne scaturisce è un duello quasi inconsapevole e nascosto dal basso profilo che i due decidono di adottare. Anche da questo in fondo American Gangster dimostra di essere un’opera fondativa come già il titolo non nasconde. L’intercedere di un mercato a favore di un altro che elimina gli intermediari, dal produttore all’importatore, come fatto da Lucas con la Blue Magic, drogando il mercato per abbatterne i costi di vendita. Neri che riescono in quello che la mafia non è riuscita in un secolo (parole del procuratore), cioè la creazione di un monopolio del narcotraffico, rappresenta contemporaneamente una scissione social-etnica e la riaffermazione del mito del self made man. Gli USA con le sue infinite vie di raggiungimento del successo, ma anche una Nazione dove la società è principalmente formata da individui isolati, e in cui l’epica del gangster cinematografico ne ha sempre rimarcato la sostanziale solitudine delle sue figure, dal Tony Camonte hawksiano passando per il Tony Montana depalmiano fino alle lapidarie parole conclusive di Cogan in Killing them Softly. American Gangster in fondo è anche racconto di una comunità che si rispecchia nel sogno di un singolo che a sua volta crea una rete primariamente familiare, un film che riesce a gestire le proprie dicotomie attraverso l’unitarietà di un racconto intrecciato nelle vicende antagoniste dei due protagonisti, e che proprio per questo rappresenta di gran lunga la miglior pellicola di Ridley Scott da una decina d’anni a questa parte. L’Uno della storia di un solo uomo che ripercorre l’archetipo storico di una Nazione, riconoscendosi nella frammentarietà culturale ed etnica di quella stessa Nazione, in cui i veri antagonisti non sono bianchi e neri o criminali e sbirri, ma probabilmente quelli che vogliono stare a metà in tutto e che in fondo negano una reale identità.
American Gangster [id., USA 2007] REGIA Ridley Scott.
CAST Denzel Washington, Russell Crowe, Josh Brolin, Chiwetel Ejiofor.
SCENEGGIATURA Steven Zaillian (tratta dall’articolo di Mark Jacobson). FOTOGRAFIA Harris Savides. MUSICHE Marc Streitenfeld.
Drammatico/Poliziesco, durata 157 minuti.