SPECIALE ATTORI DIETRO LA CINEPRESA
Spettri della memoria
Il pistolero anonimo è qui già un’icona, quella del personaggio silenzioso e sicuro di sé, col sigaro in bocca, abile tanto con le armi, quanto nelle strategie astute ideate per sconfiggere i nemici. Una figura figlia dei ruoli interpretati da Eastwood nei western di Sergio Leone, da cui in Lo straniero senza nome il regista americano mutua anche un gusto compiaciuto per la violenza, assente, invece, nei classici del genere.
Per il resto, questo primo western dell’Eastwood regista contiene molti dei topoi ricorrenti nel genere, sin dalle scene iniziali: per esempio, l’incontro/scontro tra il forestiero (che, portata a termine la sua missione, se ne partirà così com’è arrivato) e gli abitanti del villaggio, che era già nello Shane di Stevens, la misoginia esplicita (qui c’è una scena di stupro, senza condanna, dove il bruto è proprio il protagonista…), l’importanza di spazi come il saloon o la sala da barba, e così via. Ma l’Eastwood regista è tutt’altro che monocorde e spesso sorprende con impennate più stilizzate, come, in questo film, la potente e notturna resa dei conti finale, dove, nel villaggio incendiato, ribattezzato “Hell” e ridipinto interamente di rosso (il colore del sangue, che Eastwood non ci risparmia affatto), lo straniero, armato di frusta, nei chiaroscuri della fotografia di Bruce Surtees (già collaboratore di Eastwood in Brivido nella notte), assume sempre più le sembianze spaventose di un fantasma, o comunque di una creatura ultraterrena. Anche grazie alla musica, che crea un’atmosfera da ghost story. All’arrivo dei “cattivi”, da lungo tempo atteso, lo straniero scompare nel nulla, proprio come uno spettro, e il villaggio sembra consegnato ai nemici. Il misterioso protagonista, con le fiamme alle spalle, fa fuori il primo degli sgherri, a frustate, e poi getta la frusta nel saloon dove i malfattori hanno rinchiuso la popolazione, sempre senza farsi vedere. E anche il secondo criminale viene impiccato da una mano invisibile… Una capacità di scomparire e riapparire dal nulla, quella dello straniero senza passato, che fa riflettere su come nel cinema di Eastwood lo spazio e, soprattutto, la dimensione del tempo siano attraversate dai personaggi con una enorme disinvoltura: l’America idealizzata che Eastwood rimpiange è, semplicemente, un luogo che esiste solo nella sua mente e perciò non soggiace alle leggi della fisica.
Lo straniero senza nome [High Plains Drifter, USA 1973] REGIA Clint Eastwood.
CAST Clint Eastwood, Verna Bloom, Marianna Hill, Mitchell Ryan.
SCENEGGIATURA Ernest Tidyman, Dean Riesner. FOTOGRAFIA Bruce Surtees. MUSICHE Dee Barton.
Western, durata 105 minuti.