SPECIALE ATTORI DIETRO LA CINEPRESA
“Non si muore che in un momento di distrazione”
Ugo Tognazzi è l’uomo di La voglia matta, il Conte Mascetti della Supercazzola, il fuco con L’ape regina, il carnefice de La donna scimmia. È malinconico e terrigno, sagace e struggente, scorretto, erotomane impenitente e tombeur de femmes.
Se Sordi ha indossato l’“eroica mediocrità”, Gassman il fascino guascone, Manfredi la timidezza succube, Ugo Tognazzi incarna la maschera grottesca con la sua ironia sofferta e cattiva, sadica e sofferente. Alcuni dei ruoli più scomodi e fastidiosi della commedia all’italiana sono proprio suoi; le risate, i drammi, le mostruosità di Tognazzi hanno raccontato non solo l’Italia, ma anche La tragedia di un uomo ridicolo, citando Bernardo Bertolucci. Ne Il fischio al naso (tratto dal racconto Sette piani di Dino Buzzati, diventato pièce nel 1953 con lo spettacolo Un caso clinico) Tognazzi è regista e protagonista, premiato per la sua interpretazione (Grolla d’Oro): il personaggio di Giuseppe Inzerna rientra in quell’album di uomini dall’ego gigantesco, tronfi del proprio potere, borghesi piccoli piccoli che si credono grandi grandi. Industriale ricco, all’apice del successo, ha un solo difetto, un fischio al naso. Entra in una clinica di lusso, la Salus Bank, per accertamenti, diversa da quella de Il medico della mutua (Zampa, 1968), rappresentazione del “dis – agio” e di una errata etica del lavoro. Convinto di essere libero, anche in virtù del suo potere, non si rende conto di essere in trappola. “Non si muore che in un momento di distrazione”, e Inzerna si distrae, un po’ a causa di se stesso, un po’ a causa delle donne. Giuseppe varca la soglia dell’“industria della malattia” da sano, poi le analisi, le terapie si susseguono, e il suo corpo si ammala veramente. Sale di piano in un’ascesa verso il nulla, la morte, e il morbus lo invade. La sua permanenza, spostato di piano in piano, si fa più difficile, medici meno competenti, infermiere meno avvenenti. La musica cambia, scende il buio in questo castello kafkiano, l’ansia monta e manca l’aria. Il Tognazzi attore modula vizi e manie che gli sono propri: piccolo industriale ad ogni passo celebra il “produrre, consumare, gettare via”, bugiardo per natura in una società che gli regge il gioco, figlio/marito/padre di una nuova famiglia, non più quella di granito, ma “libera” e amorale. Tognazzi giganteggia in questo film – critica del mondo borghese “dis-animato” e materialista – sulla società contemporanea, del consumo a tutti costi, qui applicato alla scienza (“oggi tocca a me, domani tocca a te” dimostra una catena di montaggio anche nella morte), il paziente è solo un numero. Sette piani di Buzzati acquista una luce funerea e cupa grazie a Tognazzi e a Rafael Azcona, sceneggiatore di molti lavori di Marco Ferreri (il dottor Salamoia). Il fischio al naso è un film poco conosciuto che dimostra le capacità interpretative di un attore che rilegge in maniera intelligente un racconto di un grande autore della letteratura.
Il fischio al naso [Italia 1967] REGIA Ugo Tognazzi.
CAST Ugo Tognazzi, Franca Bettoja, Marco Ferreri, Tina Louise, Olga Villi, Riccardo Garrone.
SCENEGGIATURA Alfredo Pigna, Giulio Scarnicci, Renzo Tarabusi, Ugo Tognazzi, Rafael Azcona. FOTOGRAFIA Enzo Serafin. MUSICHE Teo Usuelli, Le Pecore Nere.
Commedia, durata 108 minuti.