Giorni di (stra)ordinarie follie
“Due biglietti per il film di Almodovar”. In fila alla cassa, la ragazza davanti al sottoscritto non ha alcun dubbio: Storie pazzesche è l’ultima pellicola del regista di Tutto su mia madre. Tutta colpa – non siamo i primi a dirlo, ci ha già pensato Roy Menarini sul numero 1142 di Film Tv – di uno strillo di locandina che gioca sporco, ingigantendo a dismisura la dicitura “Pedro Almodovar presenta” e riducendo alla semi-invisibilità quello del reale autore, Damian Szifron.
Avrebbe potuto fare da traino la presenza di Ricardo Darín (già visto in Il segreto dei suoi occhi), o la partecipazione dell’opera al Festival di Cannes, ma sarebbe stato insufficiente: Almodovar “tira” di più, soprattutto se la promessa è quella di un ritorno alle farse sboccate e sfrenate del suo primo periodo. Con un occhio alla commedia italiana anni ’70 e l’altro alle Storie incredibili di Spielberg, Szifron compone un mosaico di episodi auto-conclusivi leggero sì, ma neanche troppo. Anzi, dovessimo cercare un filo conduttore nei sei frammenti che compongono Storie pazzesche lo rintracceremmo nella tematica dello stress, dell’uomo contemporaneo che perde il senno ed esplode di fronte all’imprevedibilità degli eventi. Torna allora curiosamente alla mente Un giorno di ordinaria follia, in cui il furente Michael Douglas impazzisce in una giornata qualunque dando sfogo alla rabbia repressa e perdendo il lume della ragione. Il paragone calza con l’episodio più riuscito di questo Relatos salvajes, che narra di un ingegnere delle demolizioni la cui esistenza va in frantumi a causa di una serie di “sfortunate” coincidenze iniziate con la rimozione della propria auto in divieto di sosta. Gli altri cinque “aneddoti” che compongono l’opera funzionano a corrente alterna: se il primo fulmineo racconto – parabola di un dirottatore che riunisce in un aereo tutte le persone che lo hanno “rovinato” durante la sua vita – detta un tono greve ma essenzialmente comico, col procedere dei minuti si sprofonda nelle acque torbide di situazioni ai limiti della credibilità ma saldamente legate al reale. Le istantanee macabre e pulp rendono il riso amaro, dalla cameriera che si vendica del cliente che le ha distrutto la famiglia al disastroso pranzo di nozze di una giovane (e infedele) coppia di sposi, passando per il dramma di un uomo ricco alla ricerca di un capro espiatorio per il figlio che ha investito una donna incinta. Non tutto nel complesso torna, ma al netto dei passaggi a vuoto l’operazione di Szifron (non di Almodovar, qui in veste di produttore) può dirsi riuscita. Tra civiltà e barbarie, così come tra razionalità e follia, c’è un confine sottile sottile, e Storie pazzesche lo percorre in equilibrio restituendoci l’indiscutibile piacere della perdita del controllo.
Storie pazzesche [Relatos salvajes, Argentina/Spagna 2014] REGIA Damian Szifron.
CAST Ricardo Darín, Leonardo Sbaraglia, Darío Grandinetti, Nancy Dupláa.
SCENEGGIATURA Damian Szifron. FOTOGRAFIA Javier Julia. MUSICHE Gustavo Santaolalla.
Commedia, durata 122 minuti.