Filmmaker International Film Festival, Milano, 28 novembre – 8 dicembre 2014
La Grecia, tra reale e immaginario
In occasione della presentazione di Hyperion nella sezione Prospettive di Filmmaker 2014, a Milano, poniamo cinque domande alla regista Maria Giovanna Cicciari.
Il tuo documentario si propone, a un tempo, come rielaborazione e omaggio all’omonimo romanzo epistolare del poeta tedesco Friedrich Hölderlin (1770 – 1843). Qual è il tuo rapporto con l’Hyperion di Hölderlin e quali ragioni interne al testo hanno ispirato il film?
Ho letto Iperione – L’eremita in Grecia per la prima volta circa due anni fa. Conoscevo Hölderlin come autore per la sua opera poetica, e attraverso i film di Straub e Huillet. La lettura di Iperione, che è il primo e unico romanzo di Hölderlin, è arrivata grazie ad un articolo di Godard dedicato a Mediterranée di Jean-Daniel Pollet raccolto nel volume curato da Roberto Turigliatto e Michel Demopoulos, per la retrospettiva dei suoi film che si era tenuta a Torino. Godard definiva Pollet un moderno Iperione, perché capace di creare un mondo che si accorda con i suoi desideri. Da qui si è smosso qualcosa, volevo fare un film che parlasse della Grecia, non di quella contemporanea che in quel periodo era l’occhio del ciclone della crisi economica, ma di quel luogo immaginario dove la nostra civiltà ha trovato una casa accogliente per le sue fantasie più nobili e anche più irreali. Volevo parlare di un luogo che esiste e non esiste, che ha confini spaziali che sono percorribili ma non corrispondono quasi mai alle parole che nei secoli li hanno descritti: la Grecia di Iperione è questo luogo, sospeso fra il reale e l’immaginario, e da qui sono partita.
Un aspetto fondamentale del film è il suo impianto sperimentale, che colpisce per la profonda integrità poetica con cui si dispiega. Quali sono i materiali che compongono il lavoro e quali i criteri con cui hai progettato la sua struttura?
La prima parte del film è fatta di inquadrature di diversa provenienza geografica e temporale dedicate al paesaggio e alla storia greca. La seconda è il piano sequenza dedicato alla tratta di mare fra Salamina e Perama. Nella prima parte le immagini si mescolano, si perdono, ritornano e si riordinano: è il tempo della memoria. La seconda parte è un piano sequenza, in cui l’esperienza dello spazio e del tempo coincidono, riportando (forse) al presente. Ispirandomi al romanzo ho pensato che il mio Iperione, il mio sogno della Grecia, potesse partire dalle fonti iconografiche di Hölderlin e potesse passare attraverso la memoria non ufficiale, la memoria filmica ‘amatoriale’ della Grecia. Così ho filmato le illustrazioni del libro Voyage pittoresque de la Grece e le ho messe a confronto con due film di found footage: un film ‘archeologico’ che si intitola Triumph over the time e un home movie di viaggio, in cui si riconoscono i meravigliosi colori della pellicola Ektachrome. Queste immagini della “Grecia vista dallo straniero” sono unite da immagini dedicate alla natura, la cui contemplazione è il cuore portante del romanzo. Ho poi infine lavorato sul testo, utilizzando alcune parti del romanzo e alcuni stralci di corrispondenza che Hölderlin scrisse durante la sua lavorazione.
Dalla storia di Iperione emerge il dissidio dell’uomo moderno, alla ricerca di una piena armonia con le forme del mondo: in che modo questa riflessione riguarda anche la contemporaneità?
Se penso al romanzo, aldilà del film, e lo riporto all’unica contemporaneità che posso illudermi di comprendere, che è quella della mia vita, credo che l’ aspetto che trovo più attuale sia soprattutto la forte e necessaria attenzione alla natura, alla terra in cui viviamo. La natura è ciò che salva l’anima ferita del protagonista del romanzo, ed è quello che, lo stiamo forse comprendendo, salverà anche noi come specie. Il secondo aspetto è forse quello più difficile da spiegare. Hölderlin parla di una nuova umanità, una nuova era dell’uomo che sta per arrivare. Questa idea di una nuova umanità nel romanzo, è stata interpretata in diversi modi nel tempo: durante il nazismo, migliaia di copie di Iperione, epurato dagli aspetti più scomodi, erano state inviate ai soldati tedeschi sul fronte di Stalingrado per incitarli alla battaglia. Per fortuna questa nuova umanità non è stata sconfitta, e le inquadrature di Straub e Huillet ai figli della terra ne La morte di Empedocle sono state capaci di ridarvi un senso nuovo, tutt’ora per me vivo: l’amore per l’essere umano e di conseguenza l’amore per natura; è la possibilità di fallire e di rialzarsi, è l’elogio della debolezza come via di conoscenza.
Quali sono gli snodi della tua formazione e in quale misura l’esperienza di Filmmaker dialoga con essi?
Io ho una formazione soprattutto teorico-letteraria, che ho poi completato a Brera nel corso di Cinema e Video. A livello tecnico posso dire di essere un’autodidatta, verso la tecnica vivo una certa continua forma di soggezione attiva che sto cercando di comprendere ed analizzare attraverso la lettura di testi di pratica cinematografica femminista. Filmmaker è stato il festival che ho frequentato di più, essendo il miglior festival di cinema della città in cui abito e quello che ha supportato e mostrato i miei primi lavori. Le persone che lavorano a Filmmaker, oltre che gestire un festival, sono degli interlocutori presenti e disponibili per chi fa cinema a Milano. Per me che lo faccio quasi da sola è sempre importante avere un confronto con chi può comprendere e conosce dall’inizio il mio percorso.
Qual è la tua idea di cinema?
Questa è una domanda che mi mette davvero in crisi. Se devo rispondere come spettatrice, dico che il cinema mi piace tutto, dai suoi usi più selvaggi a quelli più raffinati, da quelli più domestici a quelli più avveniristici, dalla pellicola al digitale. Se poi penso ai miei film, non saprei, sto cercando di sviluppare un linguaggio provando ad essere il più possibile fedele a me stessa, alla mia felicità nel lavorare con le immagini tentando, anche nella sperimentazione, di non allontanarmi da un possibile contatto comunicativo con un eventuale pubblico. Sono solo all’inizio, credo di essere ancora giovane e poco esperta. Posso dire che il cinema è un meraviglioso momento di uscita da sé e dal tempo quotidiano e guardare e sognare sono sempre state le mie due attività preferite.
Hyperion [Id., Italia/Grecia 2014] REGIA Maria Giovanna Cicciari.
FOTOGRAFIA Vassily Bourikas, Maria Giovanna Cicciari. SUONO Massimo Mariani.
Documentario, durata 40 minuti.