26 NOVEMBRE – OMAGGIO A BRUNELLO RONDI
Tra il fantastico e l’etnografico
In un borgo rurale della Lucania, la giovane contadina Purificazione riesce nell’impresa di far bere all’ex amante Antonio una fiaschetta di vino contenente il suo sangue al fine di gettargli una fattura. Tale evento getterà la collettività nel panico e scatenerà un’estenuante e morbosa caccia alla strega.
Presentato fuori concorso alla 24a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il secondo lungometraggio di Brunello Rondi è un incisivo mélo d’impronta neo-realista e dai risvolti fantastico-orrorifici. Di particolare interesse per l’accuratezza semi-documentaristica con cui il regista di Tirano mette al setaccio alcuni aspetti antropologici delle comunità rurali nel Sud Italia in un periodo a cavallo tra l’inizio e la prima metà del Novecento, Il demonio elargisce una puntigliosa rappresentazione realista e dalle venature ‘naturaliste’ di uno spaccato di vita italiana, a metà tra fanatismo religioso ed oscurantismo superstizioso, sullo sfondo di paesaggi rimasti intatti per millenni. Se da una parte, i rituali apotropaici, con tanto di falce sotto il letto e uva passa sulle lenzuola, con i quali gli anziani del villaggio si auspicano di scacciare gli spiriti maligni dal tetto domestico, documentano il perdurare di tradizioni ataviche rimaste immutate per secoli, dall’altra, l’immagine della processione con i flagellanti, nonché la confessione sulla pubblica piazza del paese lucano, mettono a nudo una società ipocrita, meschina e falsamente devota. A tal proposito, significativa è la figura di ‘zio Giuseppe’, che approfitta carnalmente della giovane protagonista con la scusa di liberarla dal fardello di una ipotizzata possessione demoniaca. A fare da corollario ad una storia di denuncia sociale è il risvolto sovrannaturale della pellicola. Sebbene Il demonio non possa propriamente pregiarsi del marchio di horror demoniaco, è uno dei primi film a livello internazionale ad ispirarsi a possessioni da spiriti malefici o presunte tali. In specifico, il cineasta italiano getta i dettami che verranno ripresi, a dieci anni di distanza, dal regista statunitense William Friedkin ne L’esorcista, tra i quali spicca l’inquietante “camminata a ragno” che Purificazione esegue durante il suo esorcismo. Merito di Rondi, dunque, è l’avere saputo fondere il sovrannaturale della presunta possessione demoniaca con l’antropologico, l’etnografico e la denuncia sociale. La vera presenza del maligno, dunque, trova piena concretezza nell’ignoranza estrema e nelle superstizioni ataviche da parte degli uomini che vedono nel diavolo il capro espiatorio per ogni loro meschinità.
Il demonio [id., Italia/Francia 1963] REGIA Brunello Rondi.
CAST Daliah Lavi, Frank Wolff, Anna María Aveta, Dario Dolci, Franca Mazzoni.
SCENEGGIATURA Ugo Guerra, Luciano Martino, Brunello Rondi. FOTOGRAFIA Carlo Bellero. MUSICHE Piero Piccioni.
Drammatico, durata 94 minuti.