SPECIALE JEAN-LUC GODARD
En ce temps là…
“Voglio che l’anima sia corpo. Non si potrà più dire che il corpo è anima poiché l’anima sarà corpo”. Maria, figlia del benzinaio, porta in grembo il figlio di Dio. Lo ha annunciato un arcangelo disceso in aereo. Eva, frattanto, spoglia il mistero della creazione nell’analisi-amplesso di un Adamo-insegnante, persuaso che la vita provenga dallo spazio (“È per queste sue idee che l’hanno cacciata? O per un’altra cosa?”. “Sì. E anche per un’altra cosa…”)
Non manca l’ironia in Je vous salue, Marie, e tuttavia è ben lungi dall’essere blasfemo. Non la pensò così la Chiesa, che indisse rosari di riparazione, né i fedeli integralisti che sospesero la proiezione per poi aspergere il volantino “Viva Maria, Viva Gesù. No alla bestemmia e al sacrilegio”. Ma non c’è film di Godard che esprima altrettanta sacralità di questa opera stigmatizzata e di rara bellezza. Perfettamente in linea con la ricerca estetica di un’immagine pura – e con l’intimismo di Si salvi chi può (1980) – dopo il successo di Prenóm Carmen (1983) che valse al regista un Leone D’Oro, Je vous salue, Marie loda la trasfigurazione della materia attraverso la luce o, in termini biblici, del corpo ad opera dello spirito. Il corpo è ciò che interessa Giuseppe, imperfetto e materiale. Che mangia e non ascolta, che protesta “Non mi guardi!” mentre indossa occhiali da cieco, uomo “come gli altri” improntato a una tattile fisicità. Lo spirito è ciò che sorregge Maria, che trova nell’anima la volontà, che gli insegna l’amore al di là del possesso e impara a trascendere piacere e dolore. Maria assolve un compito non cercato, rivelato da un duplice Gabriele (geniale binomio di bruto e bambino) di fronte a una pompa di benzina (analogon della fonte dei Vangeli Apocrifi). Con la stessa pompa Maria alimenta il taxi di Giuseppe così come l’anima alimenta il corpo. A rendere universale un contesto tanto ordinario è il contrappunto di immagini avulse: dai raggi riflessi nell’acqua alla pioggia che irrora la terra (chiare metafore di fecondazione), dalla luna femminea al sole maschile, dalle albe ai tramonti, dalla luce alle tenebre, fino al succedersi delle stagioni. Non si tratta di conflittualità di opposti ma di elementi armonici di un assoluto, lo stesso evocato dai primi piani intatti o dalle interposte didascalie recanti la scritta “En ce temps là”. Godard le interpola alla narrazione come autonome epifanie, imprevedibili al pari dei fenomeni naturali o delle sincopi improvvise nella colonna sonora. Film densissimo di simboli e impregnato di allegoria, Je vous salue, Marie costituisce un passo sostanziale nella riflessione dell’autore sul linguaggio cinematografico e sul potere dell’immagine in se stessa. L’amore-accettazione verso il suo manifestarsi non differisce molto da quello di Maria che, congedata da Dio, potrà infine riappropriarsi della propria sessualità, mentre il figlio, ancora bambino, si allontana per “occuparsi delle cose di suo Padre”. Naturalmente tornerà a Pasqua.
Je vous salue, Marie [id., Francia/Svizzera/Gran Bretagna 1985] REGIA Jean-Luc Godard.
CAST Myriem Roussel, Thierry Rode, Juliette Binoche, Philippe Lacoste, Manon Andersen.
SCENEGGIATURA Jean-Luc Godard. FOTOGRAFIA Jacques Firmann, Jean-Bernard Menoud.
Drammatico, durata 107 minuti.