SPECIALE JEAN-LUC GODARD
L’Amore, tra oblio e memoria
Metà in bianco e nero, metà a colori; metà pellicola 35 mm, metà video iper-saturato; metà ambientato a Parigi, al tempo presente, metà nella campagna bretone, come un lungo flashback improvviso: Éloge de l’amour è il film più perfettamente diviso di Jean-Luc Godard, forse il più pessimista nel tentativo di restituire la vanità di una ricerca, quella sul significato dell’amore, certo, ma soprattutto dell’amore nel suo rapporto con la Storia, della storia delle peripezie umane esplorata attraverso la lente dell’amore.
Scisso – nel suo travagliato iter produttivo – tra Novecento e nuovo millennio, Éloge de l’amour racconta di Edgar, giovane regista ricercatore che tenta, suo malgrado, di “divenire adulto” attraverso un film sulle quattro età del più celebrato dei sentimenti: l’incontro, la passione, la separazione, la riconciliazione. Davanti a lui, i volti dei potenziali candidati attori e un taccuino che offre soltanto pagine bianche, in attesa del Verbo, cioè del principio: dietro di lui, un misterioso mecenate e i fantasmi di un secolo pericolosamente esposto al rischio dell’oblio. Colpa del tanto raccomandato dovere della memoria che, finché non è riconosciuta in quanto diritto, altro non è che un’impostura. Edgar tenta di convincere una giovane donna (che forse ha già incontrato) a partecipare al film, ma la donna scompare, in un suicidio appena accennato. Uno stacco, e tutto cambia: viaggio a ritroso nel tempo, due anni prima. Edgar, in cerca di testimonianze dirette sulla seconda guerra mondiale, si imbatte in una coppia di anziani partigiani della Resistenza francese e nella loro combattiva nipote (la stessa donna della prima parte), proprio nei giorni in cui i due sono divisi sulla possibilità di vendere i diritti della propria storia a una grande produzione cinematografica statunitense: Hollywood è il braccio armato del governo, e i film americani, “ladri di Storia”, sono l’avanguardia del commercio. Film nel film, pronto a ripiegarsi su se stesso, Éloge de l’amour altro non racconta che di un triplo ritorno: quello di Edgar al passato, quello di Godard alla Parigi vibrante e notturna della Nouvelle Vague, quello, ideale, alle età della lotta, con la sequenza lirica, sotto le note della musica de L’Atalante, dell’ormai abbandonata fabbrica Renault, ex fortezza operaia, simbolo del vuoto presente. “L’immagine, la sola capace di negare il nulla, è anche lo sguardo del nulla su di noi”. Alla fine della film, Edgar è ancora in ricerca: “Ecco come tutto svanisce nella mia storia, e non mi resta nulla se non le immagini di ciò che è passato così velocemente. Scenderò nei Campi Elisi con più ombre di quelle che un uomo, in tutta la sua vita, non abbia portato con sé”.
Éloge de l’amour [id., Francia/Svizzera 2001] REGIA Jean-Luc Godard.
CAST Bruno Putzulu, Cécile Camp, Jean Davy, Philippe Loyrette, Françoise Verny.
SCENEGGIATURA Jean-Luc Godard. FOTOGRAFIA Julien Hirsch, Christophe Pollock.
Drammatico, durata 97 minuti.