E la luna bussò
Ispirato a un racconto della tradizione popolare giapponese e prodotto dallo Studio Ghibli, La storia della principessa splendente è il gran ritorno al cinema di un maestro come Isao Takahata. Soli tre giorni di programmazione, per un evento attesissimo dai numerosi fan dell’animazione nipponica, dopo la prima europea all’ultimo Festival di Cannes, dove è stato meritatamente osannato.
Quali sono, dunque, le qualità di quest’esempio di poesia per immagini? Innanzitutto, quella che è una delle caratteristiche principali di Takahata, lo straordinario realismo, l’attenzione ai dettagli, solo apparentemente in contrasto con un tratto molto stilizzato ed essenziale, ma non negli splendidi colori, tenui e brillanti a seconda della situazione, e nei giochi di luce, a cui è affidato il compito di definire il tono emotivo delle singole scene. Sembra di osservare degli acquerelli animati, i contorni sono sfumati, alcune figure e paesaggi appena accennati. Alla staticità di alcune inquadrature, veri e propri dipinti di gran gusto, si sostituisce, nelle scene di corsa (il “fratellone” Sutemaru che acchiappa un fagiano) o di fuga (la principessa che scappa via dal banchetto di nominazione), un dinamismo parecchio efficace. Il realismo in quest’opera arcaica di alto artigianato, che sembra provenire da un altro pianeta rispetto ai soliti film d’animazione mainstream, quindi (ma si potrebbe dire lo stesso del crudo Una tomba per le lucciole), non è nei prodigi tecnici, come invece avviene nei film statunitensi, quanto nella verosimiglianza e spontaneità con cui si rappresentano i contesti più diversi, in un naturalismo che non prevede digressioni surreali, al limite qualche sequenza onirica, e che dà l’impressione di guardare un film scritto per essere interpretato da attori in carne e ossa. Tutto ciò non appartiene, invece, al cinema visionario di Miyazaki, che, nel suo essere eccezionale creatore di mondi “altri”, è davvero un Disney d’Oriente. Una seconda qualità che va riconosciuta a quel gran conoscitore della vita e delle sue stagioni che è Takahata è l’utilizzo di musiche bellissime (come nelle scene in cui la principessa suona il koto), che accompagnano perfettamente le immagini senza prevaricare su di esse. Note delicate, che rendono bene l’armonia della natura e del mondo animale, uno dei temi del film. “Uccelli, insetti, bestie, erba, alberi, fiori” sono espressamente citati nel testo della canzone che la rosea principessa canta, insieme agli altri ragazzini. Un inno alla libertà, al bastare a se stessi. Senza essere satelliti di nessuno.
La storia della principessa splendente [Kaguyahime no monogatari, Giappone 2013] REGIA Isao Takahata.
SCENEGGIATURA Isaho Takahata, Riko Sakaguchi. MONTAGGIO Keisuke Nakamura. MUSICHE Joe Hisaishi.
Animazione, durata 137 minuti.