SPECIALE JOHN LE CARRÉ
Costruire una bugia, costruire un film
Con Il sarto di Panama il sapiente e, purtroppo, oggi sottovalutato John Boorman traspone il romanzo di John le Carré – qui anche co-sceneggiatore – riuscendo a fare della beffa al centro della storia lo spunto per un’efficace e irresistibile lezione di cinema. Fulcro del film è la menzogna, declinata secondo tutte le sue possibili sfumature.
Il luogo ideale per seminarla e lasciarla diffondere capillarmente è quella Panama di fine ventesimo secolo dove, nonostante il canale sia stato affidato al governo locale, ancora convergono gli interessi dei servizi segreti di mezzo mondo. Il materialista e seduttore Andy Osnard, inviato all’ambasciata britannica del posto con molte diffide per una condotta generalmente sconsiderata, individua nel pacato sarto della città Harry Pendel, segnato dai debiti e da un oscuro passato, il potenziale informatore per conto della corona sulla controversa politica panamense. Harry accetta il ricatto ma inventa la storia di una “opposizione silenziosa” con cui Andy, consapevole di quanto il sensazionalismo delle notizie false possa essere redditizio, innescherà a sua volta l’arrivo di grandi capitali militari dal Pentagono. Il sarto di Panama è, ridotto all’osso, il racconto dell’accordo silenzioso tra due anime agli antipodi: Andy vuole fottere e arricchirsi, Harry vorrebbe soltanto un mondo redento, a partire dal rapporto con la famiglia che, nonostante gli errori e le bugie, gli perdonerà tutto. Al centro di questo duplice ritratto, Boorman libera la satira al vetriolo verso l’intelligence britannica, l’ignoranza reazionaria dei vertici militari statunitensi, la disinformazione come bussola sballata che governa la realtà. La grande prova del regista risiede nella capacità di permeare, con questa ambigua oscillazione tra vero e falso, anche la messinscena del film: non soltanto per la scelta di frangere la continuità del racconto con un montaggio di inserti tutti mentali (ora flashback, ora vere e proprie visioni, come quella del vecchio zio Benny affidata al cammeo di Harold Pinter); ma soprattutto per il tono che domina l’intreccio, fatto di ritmi sostenuti e godibile sarcasmo, alla cui leggerezza contribuiscono le prove di tutto il cast: Geoffrey Rush è intenso e credibile nonostante la parte sopra le righe da architetto dell’equivoco, Pierce Brosnan è gigione al punto di sedurre lo stesso spettatore. Difficile oggi rintracciare esempi di film che, dietro a una confezione commerciale, tanto riflettano sul sottile inganno che domina la costruzione della finzione cinematografica: anch’essa fondata su di una bugia, non impedisce al risultato finale di illuminare nuovi, proficui, orizzonti.
Il sarto di Panama [The Tailor of Panama, USA/Irlanda 2001] REGIA John Boorman.
CAST Pierce Brosnan, Geoffrey Rush, Jamie Lee Curtis, Leonor Varela, Brendan Gleeson.
SCENEGGIATURA Andrew Davies, John Le Carré, John Boorman (tratta dall’omonimo romanzo di John le Carré). FOTOGRAFIA Philippe Rousselot. MUSICHE Shaun Davey.
Spionaggio, durata 109 minuti.