VII Archivio Aperto, 17 ottobre-29 novembre 2014, Bologna
“Non siamo ingegneri di anime che possono cambiare il mondo”
Filip e Irka sembrano una coppia felice, hanno appena avuto una bimba. Ma poi la cinepresa Quartz diventa l’unico interesse dell’uomo, dipendente di una fabbrica di Wielice, in Polonia. Il matrimonio va a rotoli, Filip coltiva sogni di gloria come filmmaker. Sullo sfondo, un Paese a metà fra tradizione e progresso.
Interpretato da un grande Jerzy Stuhr e poco visto in Italia, il ritmato Amator è tra le prime opere di finzione di Kieslowski e ne mette in luce già la sottile vena umoristica (quella di alcuni episodi del Decalogo, per intenderci), pur essendo lontano dallo splendore figurativo dei più celebri film successivi. Una cinepresa molto mobile segue i personaggi e il loro comportamento a volte grottesco – Filip che bacia in bocca l’amico dalla gioia, il suo singhiozzo ricorrente, il conoscente cinefilo un po’ pazzo, l’esercitazione con le maschere antigas –, li inchioda in grigie inquadrature ravvicinate simili a quelle di tanti home movies. Non è un film corale: Filip e la sua cinepresa sono gli unici veri protagonisti, dal rapporto morboso, anche se meno inquietante rispetto al seminale L’occhio che uccide di Powell. Qui non si arriva all’omicidio, ma è la vita familiare a risentirne, accantonata in favore della passione totalizzante di Filip per le riprese. Inevitabilmente metacinematografico e cinefilo, ma ciononostante ben calato nella realtà sociale dell’epoca, Il cineamatore si sofferma sui piccoli gesti della vita quotidiana e mostra come il pallino del cinema possa cambiare la vita di una persona. Filip, oltre alla rivista Film, sfoglia anche un libro di cinema su cui intravediamo una pagina dedicata a Ken Loach, invita al suo cineclub Zanussi, che ha appena presentato Barwy ochronne, cerca, lo dice chiaramente, nel cinema – che è qualcosa di più di un semplice hobby per lui – una fuga dalla tranquilla routine. Ma probabilmente farebbe meglio a riflettere sulle parole di Osuch del comitato d’impresa: “Avevo un cognato che a 30 anni ha iniziato a credere in Dio, gli è andata male, è diventato prete”. Quella di Filip, infatti, è un’ossessione quasi religiosa e, come tutte le ossessioni, rischia di fargli perdere il contatto con la realtà e con se stesso. Per cui, se da un lato, come viene affermato da un giurato del concorso a cui Filip partecipa, un cineamatore può fare ciò che vuole, quindi è veramente un uomo libero, o, come afferma il vicino di casa Piotrek guardando le immagini della madre morta da poco, le persone continuano a vivere nei film, dall’altro lato per Filip le censure dei capi, i limiti politici imposti dall’alto alla rappresentazione della realtà costituiscono un serio problema. E se Osuch, “fatto fuori” a causa di Filip, gli consiglia comunque di continuare seguendo ciò che è giusto, nel finale ci chiediamo se la vita da filmmaker per Filip coinciderà con un destino di solitudine.
Il cineamatore [Amator, Polonia 1979] REGIA Krzysztof Kieslowski.
CAST Jerzy Stuhr, Malgorzata Zabrowska, Ewa Pokas, Stefan Czyzewski, Jerzy Nowak.
SCENEGGIATURA Krzysztof Kieslowski, Jerzy Stuhr. FOTOGRAFIA Andrzej Archacki, Krzysztof Buchowicz, Krzysztof Jachowicz, Jacek Petrycki, Stanislaw Szablowski. MUSICHE Krzysztof Knittel.
Commedia/Drammatico, durata 117 minuti.