“Alla Ricerca del tempo perduto”
Dodici registi esordienti intessono, sui versi lunghi del poeta americano Charlie K. Williams, quadri narrativi che evocano il tempo e la persistenza della “meravigliosa memoria”. Se non bastassero i riferimenti più ovvi, dalla voce over del protagonista che accompagna i segmenti pittorici intrisi di misticismo, all’eleganza di volti e dettagli, ci pensa l’apparizione eterea di Jessica Chastain a fugare ogni dubbio.
The Tree of Life di Terrence Malick è il coté visivo su cui si plasma la dimensione onirica del tempo e dell’amore concepita dai dodici apprendisti della New York University. Tar unisce la vocazione autobiografica di un itinerario poetico alla confessione intima di un artista, Williams, il cui cuore è messo a nudo, spogliato di ricordi e nostalgie lontane. Il progetto, fortemente voluto da James Franco, si inserisce nelle rivisitazioni letterarie che hanno impegnato in questi anni l’attore che, dopo aver adattato per il grande schermo ben due romanzi di William Faulkner, ci riproverà col cantore indie-pulp Chuck Palahniuk. Mentre scorrono le tracce della vita del poeta, istantanee diluite tra il presente del vecchio Williams, il recente trascorso del giovane poeta innamorato di Grace e il passato remoto che mescola ricordi di infanzia e di adolescenza, noi spettatori ci chiediamo cosa sia la memoria, con licenza (poetica) parlando. Progressioni, colori, sdoppiamenti: stupore del “puer” duplicato attraverso un ciclico stream of consciousness. Nel cortocircuito temporale della percezione, il nero corvino dei capelli di Grace (Mila Kunis) si confonde col biondo della bambina di cui Charlie era invaghito da piccolo; le lenzuola su cui sono adagiati i due amanti nel presente, lasciano il posto agli steli erbosi nell’eden incontaminato della sua giovinezza. E il poeta sente ancora la stessa brezza accarezzarlo, le stesse labbra sfiorarlo, quelle materne, perché ogni fermo immagine esiste in quanto sensazione replicata (dal ricordo) di una sempre rinnovata estasi infantile. Les madeleines proustiane sono le parole fuori campo che animano fantasmagorie lontane ravvivate dai toni caldi della fotografia, dal sensuale movimento della macchina da presa che offre uno sguardo omogeneo e coerente, nonostante la regia sia corale e non restituisca che schegge d’esistenza. Percezioni, suoni, odori e immagini diventano “espansioni al di là degli umani confini”, come les correspondances baudelairiane. Giochi di luce e rifrangenze, riflessi in cui compaiono le labbra della madre di Charlie, poi le sue, e un nome che risuona vuoto: “daddy”. Un caleidoscopio colmo di fascino, a tratti ridondante, che si interroga sul concetto di perdita (dei tanti amori del poeta) e recupero (attraverso i sobbalzi della memoria). Magnetico.
Tar [Id., USA 2012] REGIA Edna Luise Biesold, Sarah-Violet Bliss, Bruce Thierry Cheung, Gabrielle Demeestere, Alexis Gambis, Brooke Goldfinch, Shripriya Mahesh, Pamela Romanowski, Tine Thomasen, Virginia Urreiztieta, Omar Zúñiga Hidalgo.
CAST James Franco, Mila Kunis, Jessica Chastain, Zach Braff, Henry Hopper.
SCENEGGIATURA Edna Luise Bisold, Sarah-Violet Bliss, Gabrielle Demeestere, Alexis Gambis, Shruti Ganguly, Brooke Goldfinch, Shripriya Mahesh, Pamela Romanowski, Bruce Thierry Cheung, Tine Thomasen, Virginia Urreiztieta, Omar Zúñiga Hidalgo. FOTOGRAFIA Pedro Gomez Millan, Bruce Thierry Cheung. MUSICHE Garth Neustadter, Daniel Wohl.
Drammatico, durata 72 minuti.