La storia la fanno i personaggi
Enrique Gorostieta Velarde è un generale in pensione. Ha visto di tutto e crede di aver dato tutto.
Decide di assistere da esterno alla guerra civile che sta dilaniando il suo Paese, il Messico, finché lui, ateo convinto, non si sente chiamato in causa quando la guerra degenera in una persecuzione verso i “cristeros”, i cristiani.
Ciò che il regista Dean Wright confeziona, con un occhio alla messa in scena e due allo sviluppo dei personaggi, non è un inno alle guerre sante. Per tutti gli intensi, violenti e bruschi 143 minuti del film, il messaggio che cade goccia a goccia nella sabbia macchiata di sangue, proiettile dopo lacrima, è il grido di un popolo fedele ad un ideale che chiede solo di potersi esprimere, ma che sa che in una guerra i vincitori non esistono per nessuna delle due fazioni. A fungere da fulcro e da domanda vivente che pungola continuamente il protagonista, non permettendogli scelte scontate né automatismi nel personale come sul campo di battaglia, è la presenza del giovanissimo ribelle Josè. Figura altrettanto accuratamente storica e reale quanto quella del generale, grazie ad una sceneggiatura sempre attenta a non scadere in facili risposte né in sentimentalismi zuccherini quando sembra che la battaglia per la libertà di religione abbia raggiunto il punto più profondo dell’abisso, Josè non è un simbolo. È un corpo fisico di un ideale per il quale vale la pensa combattere e controbilancia, invece, il simbolismo iniziale del generale Gorostieta.
L’evoluzione di un uomo che ai suoi tempi era considerato un genio militare e che pare accettare di aiutare di primo acchito i perseguitati più che altro per rivivere le glorie dei suoi giorni passati, subisce poi un mutamento che trasforma delle vaghe idee di giustizia in uno scopo preciso. Tanto Josè che Gorostieta anelano alla libertà. Non chiedono risposte – uno le ha già scovate, l’altro le trova lungo il percorso – ma giustizia. Se a livello di sceneggiatura il film è ineccepibile, qualche appunto si può fare alla messa in scena che altalena fra convincenti momenti intimistici ed introspettivi, e battaglie che strizzano un po’ troppo l’occhio a Hollywood, affannandosi a mostrare la contrapposizione fra guerra e libertà senza un effettivo bisogno di farlo, perché già con i dialoghi ogni personaggio emerge con il suo carico di domande dirette tanto a se stesso quanto a chi lo sta ascoltando.
Cristiada [For Greater Glory – The True Story of Cristiada, USA/Messico 2012] REGIA Dean Wright.
CAST Andy Garcia, Peter O’ Toole, Catalina Sandino Moreno, Bruce Greenwood, Oscar Isaac, Mauricio Kuri.
SCENEGGIATURA Michael James Love. FOTOGRAFIA Edurado Martinez Solares. MUSICHE James Horner.
Biografico/Drammatico/Guerra, durata 143 minuti.