Eccoci qui, con il mio nuovo guilty pleasure: Il nostro piccolo grande amore (The Little Couple in inglese) che va in onda da qualche mese su Real Time. Si tratta dell’ennesimo docu-reality che ha come protagonisti una coppia di nani, Jen e Bill.
I due, alti due metri assieme, conducono una vita pressoché normale, anzi, piuttosto agiata: lei è una dottoressa e lui un uomo d’affari. Hanno una splendida casa nuova, gran buon gusto nell’abbigliamento (lui un po’ meno quando indossa camicie hawaiane), fanno vacanze lussuose… insomma, hanno un tenore di vita decisamente alto. Sono sposati da alcuni anni, si amano molto e dopo tanta fatica, prima attraverso la fecondazione assistita e poi con l’eterologa – entrambe andate male – adottano due bimbi, anche loro nani. Negli Stati Uniti la serie è giunta alla sesta stagione. Ora Jen sta tenacemente lottando contro una rara forma di cancro e il marito e i due figli la sostengono. La coppia ha conquistato anche la copertina di People.
Lo spettatore, dunque, entra nella casa di una famiglia pressoché normale. Anzi, una famiglia di successo e realizzata. Certo non tutti affrontano percorsi in salita per diventare genitori, non tutti adottano due figli, non tutti lottano contro il cancro, ma tanti sì. Il fatto che Jen sia alta 96 centimetri e Bill 122 tutto sommato non sembra neppure essere un elemento di forte rilevanza all’interno del racconto. Certo, nelle situazioni in cui i protagonisti devono trovare delle soluzioni per far fronte agli oggetti troppo grandi che li circondano, oppure in alcuni problemi di salute che li affliggono. Tuttavia non ha senso paragonare questo docu-reality ad altri format che si dedicano a temi di interesse sociale o alla diversità, come per esempio The Undateables (sempre in onda su Real Time). Bill e Jen sono persone molto molto piccole di statura; non sono malate. E dunque, perché hanno tanto successo? Bill e Jen sono la rappresentazione classica dell’eroe, colui che trascende i propri limiti, colui che – sfondati quei limiti – sa andare oltre alle capacità normali. I loro corpi sono corpi eroici. “Ma cos’è un eroe? Cosa lo distingue da un non eroe? Un gesto eroico trasforma il corpo dell’eroe da mezzo a messaggio. A tale scopo, il corpo dell’eroe si distingue da quello del politico, dello scienziato, del filosofo, dell’imprenditore, i cui corpi sono celati dietro la funzione sociale che esercitano. Quando un corpo si mostra direttamente, quando si libera dal guscio dei suoi ruoli sociali che solitamente interpreta, il risultato è il corpo dell’eroe.” (Boris Groys, Art Power, Postmedia Books, Milano 2012, p.147)