BFI London Film Festival, 8 – 19 ottobre 2014, Londra
Un Turing troppo convenzionale
Alan Turing è stata una figura geniale della prima metà del 1900. Il lavoro che svolse per conto dell’MI6 durante la Seconda Guerra Mondiale rimase un segreto di Stato fino agli anni ’70. La sua condanna per omosessualità non fu ritrattata – “perdonata”, come si suol dire – dalla Regina Elisabetta fino al 2013.
A sessant’anni dalla sua morte, la figura complessa e affascinante del matematico inglese ha ricevuto un bel trattamento disinfettante ed è stata risputata sullo schermo cinematografico nella sua forma più innocua. È sempre difficile non fare un disservizio alla memoria dei protagonisti di una biopic, e The Imitation Game non fa rivoltare nessun crittografo nella tomba. Turing viene trattato con rispetto, quasi devozione, da un Benedict Cumberbatch che lo interpreta con un palese amore per il personaggio e la figura storica. The Imitation Game, ad ogni modo, sceglie la forma più convenzionale possibile di raccontare un personaggio incredibile. Il film si abbarbica ai momenti drammatici con tanto di svolazzate musicali di Alexandre Desplat, riuscendo nella missione impossibile di trasformare la vita di Alan Turing in un period drama romanticizzato. Il fatto che la conclusione della vicenda non sia un mistero per nessuno rende il film spiacevolmente prevedibile: non c’è neanche il gusto di vederli trionfare, tanto si è distratti da sviolinate e scenate varie. Una nota di merito per Keira Knightley, come sempre bistrattata dalla critica. Con il suo intervento nei panni della crittoanalista Joan Clarke, l’attrice trova la sua dimensione: una signorina abbottonata, un po’ snob, che dapprima è un pesce fuor d’acqua tra i suoi colleghi e poi diventa una parte fondamentale della squadra. Clarke anche l’unico personaggio femminile che abbia più di due battute, sebbene nel gruppo di Turing ci fosse un’altra donna (Rosalind Hudson) e che solo nell’Hut 8 dove si lavorava alla soluzione di Enigma, ci fossero centotrenta impiegate (e che le donne componessero l’80% dello staff di Bletchley Park). Nelle parole del regista Morten Tyldum, per lui “questo è un film su un outsider, sul pensare diversamente dalla norma”. Questo voler sempre avere un personaggio tragico al centro della vicenda è il punto debole del film che, nonostante abbia dei flashback su Turing ragazzino e dei flashforward sul suo arresto e condanna per omosessualità, si concentra su una ricostruzione vaga del lavoro del matematico sul codice Enigma. Una serie di vicende ricca e appassionante come quella di Bletchley Park e la squadra di Alan Turing viene appiattita nel solito film con un protagonista stravagante che supera i suoi travagli e raggiunge il successo. Un film mediocre sembra ancora peggiore quando il potenziale per la sua riuscita – dalla trama al cast – era più che favorevole.
The Imitation Game [The Imitation Game, Gran Bretagna/USA 2014] REGIA Morten Tyldum.
CAST Benedict Cumberbatch, Keira Knightley, Matthew Goode, Mark Strong, Charles Dance.
SCENEGGIATURA Graham Moore. FOTOGRAFIA Óscar Faura. MUSICHE Alexandre Desplat.
Biografico/Drammatico, durata 114 minuti.