Anime dormienti
La durata del film, più di tre ore, è necessaria per il lavoro di approfondimento dei personaggi che Winter Sleep affronta: sono personaggi così complessi nelle loro insanabili contraddizioni e meschinità di uomini e donne comuni che chiunque può riconoscere in loro tratti caratteriali e psicologici di individui reali.
Ciò avviene anche perché Ceylan rappresenta la vita con le sue parti noiose, i suoi rituali, i tic, i piccoli gesti quotidiani apparentemente senza significato: si pensi alle pause nei dialoghi tra i protagonisti, ai lunghi silenzi imbarazzati dopo i frequenti battibecchi in tempo reale, allo “small talk” e alle formalità inevitabili nelle interazioni. Come tutti i grandi registi, Ceylan è al contempo ben radicato nel suo territorio d’origine, una Turchia bellissima ma piena di problemi e disuguaglianze (anche qui come ne Le tre scimmie le differenze di classe si fanno sentire), e universale nello scandagliare l’animo umano e le sue increspature, uguali a tutte le latitudini. Lo snob Aydin, interpretato da uno straordinario Haluk Bilginer, dalla mimica impressionante, è un cupo uomo di mezz’età come ce ne sono tanti, che ha dovuto accantonare la carriera di attore di teatro e si è sposato con una donna molto più giovane, l’idealista e un po’ infantile Nihal, nei confronti della quale assume spessissimo un atteggiamento paternalista, frenandone le iniziative. Nell’albergo di famiglia, vive con loro anche l’acidissima Necla, la sorella separata e nullafacente di Aydin, che gli tiene testa con meno difficoltà e lo raggiunge la sera nel suo studio, per rivolgergli estenuanti quesiti filosofici o critiche sprezzanti.
Ci sono anche altri personaggi minori, ben caratterizzati (il fatalista Suavi, per esempio) ma è soprattutto nei confronti/scontri tra Aydin e le due donne, non per forza chiarificatori o esplicativi, e al limite dei claustrofili giochi al massacro polanskiani, che la personalità multiforme del protagonista, a dire il vero parecchio sgradevole pur nella presenza di lati positivi, si delinea. Semplici campi e controcampi, con qualche preziosismo simbolico, come l’immagine sdoppiata dell’indecisa Nihal nello specchio o il suo viso imprigionato nelle linee verticali di una finestra, nel finale. Un controllo assoluto della messa in scena che non ha bisogno di virtuosismi e manipola l’attenzione dello spettatore in modo sottile ma preciso. Un cinema di immagine e parola, un cinema da camera che si concede anche campi lunghi in esterni e affida al paesaggio selvaggio il compito di rispecchiare gli stati d’animo. Forse di poco inferiore al precedente C’era una volta in Anatolia, ma comunque un film con cui bisogna fare i conti in questa stagione cinematografica.
Il regno d’inverno – Winter Sleep [Kis uykusu, Turchia/Germania/Francia 2014] REGIA Nuri Bilge Ceylan.
CAST Haluk Bilginer, Melisa Sözen, Demet Akbag, Ayberk Pekcan, Nejat Isler.
SCENEGGIATURA Ebru Ceylan, Nuri Bilge Ceylan. FOTOGRAFIA Gökhan Tiryaki.
Drammatico, durata 196 minuti.