Una promessa da dimenticare
Germania, 1912. Friedrich, brillante ingegnere di umili origini, conquistata la fiducia del datore di lavoro, uomo anziano in precarie condizioni di salute, ne diventa il segretario personale e si trasferisce nella sua villa. Qui conoscerà la giovane moglie dell’industriale e tra i due sarà amore a prima vista. Un sentimento ardente che sarà inizialmente dissimulato e represso da entrambi, data la sconvenienza delle circostanze, e che una volta esplicitato dovrà resistere alle prove della distanza, quando Friedrich sarà inviato a lavorare in Messico, e del tempo, quando scoppierà il conflitto mondiale impedendo per lunghi anni il ritorno del giovane dall’amata.
Ancora una volta viene messo in scena il triangolo amoroso come ideale nucleo narrativo per riflettere sulle molteplici sfaccettature delle passioni umane, sulle sfumature della gelosia e del desiderio. Nulla di particolarmente originale in partenza, ma il difetto fondamentale del film di Leconte è la mancanza di una qualunque forma di pathos nella costruzione della sua storia di (trattenuto) amour fou. Una vicenda melodrammatica che fallisce proprio negli aspetti caratterizzanti del genere: il dramma è annacquato, i sentimenti sbiaditi, i personaggi apatici. Ribaltando il punto di vista, Una promessa non convince nemmeno come voluto anti-melodramma, poiché manca un coerente lavoro di sottrazione emotiva, che richiederebbe la completa rinuncia a ogni eccesso sentimentale e una capacità di giocare sui toni sommessi, e di semplificazione visiva nella costruzione delle inquadrature, nel montaggio e nei movimenti di macchina. Patrice Leconte, un autore che, pur senza picchi, si era rivelato capace di spaziare tra vari generi (dall’affresco d’epoca con Ridicule, al dramma psicologico con Confidenze troppo intime, all’animazione con La bottega dei suicidi) e di trovare in piccole storie di amicizia virile dalla vena malinconica (Tandem, L’uomo del treno, Il mio migliore amico) la sua cifra stilistica più riconoscibile e apprezzata, si perde totalmente nel raccontare una scialba love story in costume, la cui ambientazione d’epoca è puro ornamento, se si eccettua la necessità di rendere plausibile la separazione dei due innamorati per sei anni senza avere notizie l’uno dell’altra. Un film di un regista in crisi creativa, pervaso da un’aura di mediocrità che ricade su ogni componente: trama scontata, dialoghi coacervo di ovvietà e melensaggini, regia poco ispirata (a cominciare da un uso eccessivo e banale del fuori fuoco), attori appiattiti su personaggi privi di spessore. Se almeno ci venisse risparmiato il lieto fine potremmo cinicamente gioire della mancata promessa di fedeltà e del fallimento amoroso di una coppia d’innamorati tra le più amorfe del cinema recente. Evidentemente è chiedere troppo.
Una promessa [Une promesse, Francia/Belgio 2013] REGIA Patrice Leconte.
CAST Richard Madden, Rebecca Hall, Alan Rickman.
SCENEGGIATURA Patrice Leconte, Jérome Tonnerre. FOTOGRAFIA Eduardo Serra. MUSICHE Gabriel Yared.
Drammatico/Sentimentale, durata 95 minuti.