Ho imparato “dal vento a respirare”…
Rigore e Lirismo. Architettura e Poesia. Carlo Scarpa e Matsuo Basho. Un dialogo mai avvenuto; questo è al centro del documentario, La pietà del vento, presentato in questi giorni nella seconda edizione del Cervignano Film Festival – Il cinema del confine e del limite, presieduto da Andrea Doncovio e diretto da Piero Tomaselli.
Il breve documentario (patrocinato dall’Ambasciata del Giappone in Italia e dalla Regione Veneto) dei bolognesi Stefano Croci e Silvia Siberini, proiettato anche alla 71^ edizione del Festival del Cinema di Venezia, sorprende e stupisce per la sua ricerca, creativa, pura e semplice, per il suo racconto, silenzioso ma pieno di immagini, parole, linee e vento. Croci e Siberini fanno incontrare nella loro opera il poeta giapponese del ‘600 Matsuo Basho e l’architetto italiano del ‘900 Carlo Scarpa, intrecciando le archittetture dell’uno con gli haiku dell’altro. Scarpa ha apprezzato, ammirato e preso ad ispirazione le architetture giapponesi e il lavoro di Basho – l’architetto ha percorso come suo ultimo Viaggio la stessa “strada” calcata dal poeta/viandante -, infatti incredibilmente le due arti camminano con la stessa andatura e linee, volumi, forme si agganciano aderendo perfettamente ai flash immaginifici e simbolici creati dalle parole. Perfettamente in linea con il Festival, il concetto di limite e confine prende forma, aumenta di misura ed esplode in questo cortometraggio documentaristico. La pietà del vento infatti è liminare sotto vari punti di vista e nello stesso senza “confine”: unisce due arti di per sé molto lontane tanto da rendere più “geometrica” la parola e “lirica” l’archittettura, congiunge due mondi lontani anch’essi, l’Oriente e l’Occidente, creando una sorta di “Pangea” emotiva ed utopica, e infine celebra il dualismo più intimo ed eterno tra vita e morte. Labile, sottilissimo il trapasso, ancor più nella cultura del poeta e monaco zen; in questi sette minuti veniamo immersi in una via crucis in cui si sciolgono una nell’altra poesia e architettura, in cui la vita lascia dolcemente spazio alla morte. Statue equestri, cancelli, monumenti funebri si fanno leggeri come origami e si abbandonano alle parole in poesia, che “diventa concisa” e solida come cemento. Non c’è angustia, non c’è paura, bensì la morte in un’ultima stazione si fa vento, voce narrante, cassa armonica di tutta la poesia del corto, pietosa e struggente mano che accarezza, fa vibrare e spinge. Silenzioso e appassionato La pietà del vento lascia lo spettatore commosso da questa opera “totale” e per nulla turbato alla vista dei “crisantemi”.
La pietà del vento [Italia 2014] REGIA Stefano Croci, Silvia Siberini.
MUSICHE Difficult Living the Dark Side of Zende Music
Documentario, durata 7 minuti.